Bitcoin, c'è luce in fondo al tunnel?

Bitcoin, c'è luce in fondo al tunnel?

La incredibile vicenda di Mt.gox a una svolta ancora più incredibile. Mentre ripartono le iniziative per costruire sulla moneta virtuale un'alternativa, più o meno legale, alle valute tradizionali
La incredibile vicenda di Mt.gox a una svolta ancora più incredibile. Mentre ripartono le iniziative per costruire sulla moneta virtuale un'alternativa, più o meno legale, alle valute tradizionali

Un gruppo di investitori sarebbe pronto a rilevare marchio e beni mobili e immobili di Mt.gox , il sito di scambio finito al centro di un cospicuo crac finanziario che ha comportato la sparizione di circa 750mila bitcoin. L’ annuncio è stato dato attraverso il deposito presso la corte fallimentare USA che cura il procedimento di una bozza d’accordo tra Sunlot Holdings e gli attori della class action in corso : in cambio di questo assenso le vittime del crac ottengono la promessa di un rimborso e a garanzia una quota azionaria di Mt.gox. Occorre ora attendere l’approvazione dei tribunali statunitense, canadese e giapponese per dare seguito a questa incredibile operazione di resurrezione.

Dietro la manovra, a dir poco rischiosa, che tenta di riportare in vita Mt.gox ci sono due imprenditori con interessi nel campo dell’IT: Brock Pierce e John Betts avevano intavolato trattative con Mark Karpeles (CEO e proprietario della maggioranza di Mt.gox) già prima dell’avvio della procedura di bancarotta, e nonostante quest’ultima hanno continuato a perseguire il proprio obiettivo. L’idea dietro questa operazione è quella di riabilitare il nome di Mt.gox presso il pubblico , recuperare il più possibile (se non la totalità) dei bitcoin mancanti, risarcire i consumatori con denaro, azioni e le monete virtuali ritrovate, e infine ricominciare con le transazioni di cambio e scambio che un tempo costituivano un giro d’affari non indifferente per l’azienda giapponese.

Stando a quanto spiegato nel documento depositato presso il Tribunale dell’Illinois, i legali di Sunlot si sarebbero incontrati con i legali dei capofila della class action, sotto l’egida di un ex-giudice: trovato un accordo, hanno deciso di proporlo alla corte statunitense, a quella canadese e quella di Tokyo per l’approvazione. Sunlot si accollerebbe oneri e onori, impegnando capitali e offrendo anche il 16,5 per cento del pacchetto azionario in compensazione dei danni subiti dai clienti Mt.gox : una mossa spregiudicata, che si troverà a doversi confrontare con l’eventuale difficoltà di ridare credibilità al marchio e alla piattaforma Mt.gox, sempre a patto che i giudici avallino l’impresa.

L’argomentazione sostenuta da Pierce e Betts, e che ha convinto gli altri attori della vicenda, è che la liquidazione dei beni di Mt.gox poco o nulla avrebbe garantito alle vittime del crac sotto il profilo del risarcimento. La vendita di beni mobili e immobili non sarebbe minimamente in grado di portare in cassa le centinaia di milioni che mancano all’appello (e nel frattempo, anche in conseguenza del crac di Mt.gox, la quotazione del bitcoin è scesa a valori decisamente più bassi del picco massimo raggiunto oltre i 1.000 dollari): tanto vale provare a recuperare per intero il malloppo sparito (al momento mancano all’appello non meno di 550mila bitcoin, per un valore superiore ai 175 milioni di euro), e nel frattempo contribuire anche alla rinascita della fiducia nel mercato con la speranza di veder risalire anche i tassi di cambio.

Sunlot Holdings non è la sola entità a covare propositi simili. Sebbene l’opinione pubblica sia stata decisamente impressionata dal crac di Mt.gox, e ciò abbia influenzato non poco la percezione della solidità della moneta virtuale, c’è ancora chi crede fermamente che un meccanismo economico alternativo possa essere costruito e sviluppato attorno alla valuta. Jeremy Rubin e Dan Elitzer, una coppia di studenti del MIT, hanno appena lanciato un’iniziativa volta a regalare l’equivalente di 100 dollari in bitcoin a tutti gli studenti della loro università : un’idea paragonata alla connessione a Internet 20 anni fa, volta a creare interesse e stimolare la nascita di operazioni legate alla moneta virtuale che a giudizio dei due studenti è in grado di cambiare per sempre l’economia globale.

Allo stesso tempo, c’è anche chi prova a fare leva sugli aspetti più opachi dei bitcoin per rilanciarne la popolarità. Cody Wilson , già noto alle cronache per la controversa vicenda delle armi stampate in 3D, si è unito all’hacker Amir Taaki per la creazione di quello che è – per loro stessa definizione – un sistema per il riciclaggio del denaro: Dark Wallet è un nuovo software pensato per fungere da portafoglio per i bitcoin, il cui scopo è essenzialmente quello di confondere le acque e rendere di fatto irrintracciabili gli autori di una transazione finanziaria a mezzo bitcoin . Combinando assieme più transazioni, cifrando in modo robusto lo scambio dei dati, aggiungendo un ulteriore strato di anonimato con il protocollo TOR, Dark Wallet dovrebbe garantire a chi decida di impiegarlo che nessuno possa risalire alle controparti di una compravendita, annullando ogni principio di tracciabilità.

Wilson e Taaki, con espliciti riferimenti anarchici, non nascondono l’eventualità che la loro creatura possa costituire un valido paravento per consentire lo svolgimento di attività criminose (dalla pedopornografia alla vendita di armi e droga): a loro giudizio, però, la privacy e la conseguente opacità garantiti da Dark Wallet e dai bitcoin sono un trampolino di lancio per rilanciare la libertà e sfuggire ai controlli governativi . “È quello per cui il bitcoin è nato, è quanto vogliamo trasformare in realtà” dicono : resta da capire se e come le autorità USA (e non solo) vorranno intervenire per porre dei paletti a questo fenomeno.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
2 mag 2014
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