Canada, la net neutrality è un optional

Canada, la net neutrality è un optional

Una indagine approfondita delle autorità di controllo evidenzia come il traffic shaping degli ISP canadesi sia la norma più che l'eccezione. Filtrano tutti, soprattutto i grandi. E soprattutto il P2P
Una indagine approfondita delle autorità di controllo evidenzia come il traffic shaping degli ISP canadesi sia la norma più che l'eccezione. Filtrano tutti, soprattutto i grandi. E soprattutto il P2P

Bell Canada , il colosso della connettività canadese da sempre convinto sostenitore della necessità di strozzare il file sharing in funzione di un supposto interesse comune della maggioranza silenziosa dei netizen , rappresenta la testa di ponte di una pratica comune alla stragrande maggioranza dei fornitori di accesso alla rete operanti nel paese.

Lo mette nero su bianco la Canadian Radio, Television and Telecommunications Commission ( CRTC ) che, al pari della FCC statunitense, è incaricata di regolare e vigilare sulle telecomunicazioni e il comportamento degli operatori. Nonostante la CRTC abbia precedentemente autorizzato Bell a filtrare il traffico P2P tra le 4:30 di pomeriggio e le 2 del mattino, la discussione in materia non si è affatto conclusa , anzi.

Nell’ ultima tornata di audizioni in cui CRTC ha chiamato a raccolta gli ISP canadesi grandi o piccoli , è emerso che se Bell Canada rende il file sharing inutilizzabile in orari prestabiliti, a strozzare la libera condivisione dei contenuti contribuiscono anche Cogeco Cable, Rogers Cable, Shaw, Bragg e Barrett Xplore.

Si tratta, a conti fatti, di circa la metà dei provider locali. Ma se si considera l’estensione della base di utenza i soli Bell, Rogers e Shaw rappresentano i pesi massimi della connettività canadese, e ognuno di essi appare impegnato in pratiche di deep packet inspection finalizzate alla penalizzazione del P2P .

Pungolata dalle denunce dell’associazione dei provider CAIP , l’iniziativa di CRTC ha sollevato il coperchio sulla pentola di un fenomeno affatto locale che continua a diffondersi in tutto il mondo, che tiene in allerta le agenzie federali statunitensi e ha stimolato anche la reazione dei regolatori nostrani.

In Canada, assieme a CAIP, contro i filtri anti-P2P dei provider combatte anche Google, che per bocca dei suoi legali sostiene come un simile comportamento sia inconsistente rispetto a una rete neutrale, aperta alla concorrenza e all’innovazione, e che soprattutto si tratti di una violazione della legge sulle telecomunicazioni del paese.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
23 gen 2009
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