Chatbot AI comunicano in codice: è preoccupante?

Chatbot AI comunicano in codice: è preoccupante?

Due chatbot AI hanno dimostrato di poter comunicare tra loro in GGWave, un linguaggio audio incomprensibile agli umani: uno scenario da incubo.
Chatbot AI comunicano in codice: è preoccupante?
Due chatbot AI hanno dimostrato di poter comunicare tra loro in GGWave, un linguaggio audio incomprensibile agli umani: uno scenario da incubo.

Immaginiamo due chatbot AI che chiacchierano beatamente tra loro in un linguaggio incomprensibile per l’orecchio umano… No, non è la trama di un film di fantascienza, ma il risultato dell’ultima sfida tecnologica lanciata durante un hackathon organizzato da ElevenLabs. Il progetto si chiama GibberLink e promette di far comunicare i chatbot in una lingua tutta loro, fatta di onde sonore e protocolli criptici.

GibberLink: quando i chatbot parlano in codice

Sarà capitato a tutti di avere a che fare con un chatbot quando si chiama un servizio clienti. Ma che succede quando due di questi assistenti virtuali si telefonano a vicenda? Semplice: appena si riconoscono, mollano il linguaggio umano e passano a una comunicazione audio ad alta velocità chiamata GGWave.

Secondo gli sviluppatori, GGWave permette di trasmettere dati attraverso le onde sonore in modo più economico rispetto alla sintesi vocale tradizionale. Invece di impegnare la GPU per interpretare il parlato, i chatbot possono affidarsi alla meno esosa CPU. Risultato? Un botta e risposta in codice che sembra uscito da un vecchio modem 56k.

Il gruppo di ElevenLabs ha deciso di condividere il codice di GibberLink su GitHub, nel caso qualcuno volesse replicare questo protocollo di comunicazione con i propri chatbot. Per ora, non è chiaro se GGWave funzioni anche con altri assistenti virtuali come ChatGPT o Google Gemini, ma c’è da scommettere che qualcuno ci proverà molto presto.

Sentire due intelligenze artificiali che parlano in una lingua incomprensibile fa un certo effetto. C’è chi trova la cosa affascinante, chi inquietante. Il rischio è che, dopo aver prenotato una stanza d’albergo, i chatbot decidano di prosciugare il conto in banca dell’utente per comprarsi un nuovo computer e aggiungere una terza “voce” alla conversazione. Fantascienza? Forse, ma non si sa mai…

Una demo tech che fa riflettere (e un po’ preoccupare)

Alla fine, GibberLink resta una dimostrazione tecnologica fine a sé stessa, che non ha molto scopo oltre a provare che si può fare. Ma è riuscita a far discutere e a mettere un po’ di ansia a chi già teme che l’intelligenza artificiale possa prendere il sopravvento.

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Pubblicato il
26 feb 2025
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