ChatGPT Atlas è finalmente arrivato. Il browser di OpenAI integra l’intelligenza artificiale in ogni aspetto dell’esperienza online. Può prenotare ristoranti, organizzare viaggi, gestire attività complesse, tutto attraverso un assistente che comprende il contesto e agisce al posto nostro.
C’è solo un piccolo, fastidioso dettaglio, per ora funziona esclusivamente su macOS. Chi usa Windows, Linux, o anche solo un iPad, è tagliato fuori. Le versioni per altre piattaforme arriveranno, certo. Ma nessuno sa esattamente quando.
La buona notizia è che il mercato dei browser con intelligenza artificiale integrata è esploso negli ultimi mesi. Mentre tutti aspettano ChatGPT Atlas, esistono alternative già disponibili, funzionanti, e in alcuni casi persino più mature del nuovo arrivato.
Niente Mac? Ecco i migliori browser AI alternativi a ChatGPT Atlas
1. Comet di Perplexity, il rivale diretto
Se ChatGPT Atlas ha un concorrente che gli somiglia come una goccia d’acqua, quello è Comet di Perplexity. L’esperienza è praticamente identica, al punto che chi passa dall’uno all’altro fatica a notare differenze sostanziali nell’uso quotidiano.
Comet è costruito su Chromium, il progetto open source da cui nasce anche Google Chrome. Questo significa compatibilità totale, si può accedere con l’account Google, mantenere tutti i segnalibri, importare estensioni, ritrovare la cronologia. È familiare fin dal primo istante.
La differenza principale sta nell’assistente integrato. Invece di ChatGPT, qui lavora Perplexity, con il suo approccio più orientato alla ricerca e alla sintesi di informazioni. La schermata iniziale non è più la pagina di Google, ma l’interfaccia di Perplexity. Un cambio di scenario che richiede qualche minuto di adattamento, ma che poi diventa naturale.
Le funzionalità principali sono sorprendentemente simili ad Atlas. Prenotare ristoranti attraverso conversazioni naturali, cercare voli comparando automaticamente prezzi e orari, pianificare vacanze con suggerimenti personalizzati, trovare l’offerta migliore per un prodotto specifico. Tutto gestito dall’assistente senza bisogno di visitare più siti.
Certo, mancano alcune delle integrazioni più sofisticate che Atlas promette. Ma per l’uso quotidiano, Comet offre già tutto ciò che serve a chi cerca un browser intelligente. E soprattutto, funziona su Windows, macOS e Linux.
2. Opera Neon, l’ambizioso
Opera Neon è attualmente in accesso anticipato. Serve un codice di invito o bisogna iscriversi alla lista d’attesa. Ma quando si riesce a entrare, o quando Opera deciderà di aprire a tutti, ci si trova davanti a qualcosa di sostanzialmente diverso dagli altri browser AI.
Mentre Atlas e Comet rappresentano versioni potenziate di browser tradizionali, Neon vuole essere un ecosistema completo. Tre funzioni principali: chattare, agire, creare. Un chatbot per conversare, un agente per eseguire compiti, uno strumento di programmazione intuitiva per costruire applicazioni.
È come se volesse fondere ChatGPT e ChatGPT Atlas in un’unica interfaccia. Ambizioso? Un tantinello. La curva di apprendimento è più ripida, l’interfaccia più complessa, l’esperienza meno immediata. E poi c’è il prezzo: venti euro al mese. Non poco, considerando che molti concorrenti sono gratuiti o comunque più economici. Opera giustifica il costo con la quantità di funzionalità integrate. Essenzialmente vende tre strumenti di intelligenza artificiale al prezzo di uno.
Per chi lavora quotidianamente con l’intelligenza artificiale, come sviluppatori, designer, content creator, può avere senso. Per chi cerca semplicemente un browser che lo aiuti a navigare meglio, probabilmente è troppo. Ma se si ha bisogno proprio di tutte quelle funzioni, Neon è impressionante. Soprattutto considerando che è ancora in fase di sviluppo e continua ad aggiungere funzioni.
3. Leo di Brave, il campione della privacy
Brave è il browser per chi prende sul serio la questione della privacy. Non traccia, non conserva dati, non condivide conversazioni, non usa chat per addestrare modelli. Non richiede nemmeno il login. È anonimato per default, non per scelta da attivare manualmente.
L’intelligenza artificiale integrata si chiama Leo e funziona in modo simile ad Atlas. Si può discutere di qualsiasi pagina visualizzata, chiedere riassunti, generare contenuti, tradurre testi. Tutto senza che Brave memorizzi nulla di ciò che viene detto.
La differenza principale rispetto a Comet o Atlas sta in ciò che manca, Leo non è un agente AI. Non può agire per conto dell’utente. Non prenota voli, non cerca ristoranti, non confronta prezzi automaticamente. È un assistente passivo, non attivo. Può essere un limite, per chi cerca un browser che faccia cose al posto suo. Ma per chi vuole solo un aiuto nell’elaborare informazioni senza cedere il controllo, è perfetto.
Brave attrae soprattutto chi diffida dell’idea di lasciare che un’intelligenza artificiale agisca autonomamente sui propri account. Chi preferisce chiedere consigli e poi decidere personalmente cosa fare. Chi non vuole che le proprie abitudini di navigazione alimentino database aziendali. La privacy ha un prezzo: meno automazione. Ma per molti utenti, è un prezzo che vale la pena pagare.
Tutto sommato ha senso. Anche perché usare browser AI che agiscono per conto dell’utente non è esente da rischi. Proprio ChatGPT Atlas e Comet di Perplexity sono risultati vulnerabili ai cosiddetti “attacchi di prompt injection“, input malevoli che “ingannano” il modello linguistico per fargli eseguire istruzioni dannose.
4. Microsoft Copilot, il “veterano” specializzato per l’ambiente aziendale
Microsoft ha lanciato Copilot prima degli altri, sfruttando l’AI di OpenAI. Questo vantaggio temporale si traduce in un prodotto più rodato e affidabile. Gli ultimi aggiornamenti hanno aggiunto funzioni utili come la collaborazione dal vivo sui documenti, un assistente più intelligente che affianca nel lavoro, e l’automazione delle cose noiose tipo rispondere alle email o preparare report.
Copilot eccelle nell’ambiente aziendale. È progettato per integrarsi perfettamente con l’ecosistema Microsoft: Office, Teams, OneDrive, Outlook. Per chi lavora principalmente con questi strumenti, Copilot è la scelta più naturale.
L’assistente può redigere bozze di email mantenendo il tono professionale appropriato, riassumere thread di conversazioni lunghissime per estrapolare i punti chiave. Può anche generare documenti strutturati a partire da appunti disorganizzati, suggerire frasi e idee per superare il blocco dello scrittore.
A differenza di browser più orientati all’uso personale, Copilot pensa in termini di produttività aziendale. Le sue funzionalità sono costruite attorno a flussi di lavoro tipici degli uffici moderni: riunioni, report, presentazioni, comunicazioni interne.
Per chi usa Windows e lavora in contesti aziendali, Copilot offre un’integrazione profonda difficile da eguagliare. È meno versatile di Neon, meno focalizzato sulla ricerca di Comet, meno attento alla privacy di Brave. Ma per il suo pubblico specifico, è probabilmente la soluzione migliore disponibile.
Le differenze che contano davvero
Chi è il migliore? Dipende. Esistono browser diversi per esigenze diverse. Comet è perfetto per chi cerca semplicità e funzionalità complete senza complessità eccessive. Funziona subito, fa ciò che promette, non richiede investimenti di tempo nell’apprendimento. È l’alternativa più diretta ad Atlas.
Neon è ideale per chi vuole tutto: conversazione, automazione, creazione. Tre strumenti in uno, con la complessità che ne consegue. Adatto a professionisti che usano l’intelligenza artificiale come strumento principale di lavoro, non occasionalmente.
Brave è la scelta di chi mette la privacy sopra ogni altra cosa. Meno funzionalità automatizzate, ma totale controllo su dati e azioni. Per chi preferisce essere aiutato piuttosto che sostituito.
Copilot domina nell’ambiente aziendale Microsoft. Integrazione profonda, stabilità, funzionalità pensate per la produttività professionale. Meno interessante per l’uso personale, decisamente più utile in contesti aziendali Windows.
La corsa ai browser AI è appena iniziata. Atlas è un giocatore importante, ma non l’unico. Anche perché ha i suoi limiti. Chi ha avuto modo di testarlo, illustri giornalisti di varie testate, da The Verge al Wall Street Journal, non ne parla proprio in modo lusinghiero. È lento, spesso non offre suggerimenti pertinenti e soprattutto è pieno di falle di sicurezza.