Contrappunti/ Facebook? Meglio un blog

Contrappunti/ Facebook? Meglio un blog

di Massimo Mantellini - Il social network più gettonato replica in piccolo e in modo efficiente qualcosa della Internet che conosciamo. Ma lo sviluppo della propria rete di relazione non passa per i numeri facili di Zuckerberg
di Massimo Mantellini - Il social network più gettonato replica in piccolo e in modo efficiente qualcosa della Internet che conosciamo. Ma lo sviluppo della propria rete di relazione non passa per i numeri facili di Zuckerberg

Nelle ultime settimane si parla molto di una esplosione dell’utilizzo di Facebook in Italia. Per affermarlo ci si basa spesso su dati empirici, il più citato dei quali è il gran numero di richieste di amicizia che raggiungono i nostri profili su Facebook da qualche tempo a questa parte, come se moltissime persone avessero improvvisamente scoperto l’uso di questa applicazione di social networking anche in Italia. Ciò avviene proprio mentre in USA la curva di crescita di Facebook va riducendosi , per lo meno nella fascia di utenza originariamente più forte, vale a dire quella degli studenti universitari (18-25 anni). In Italia, secondo i calcoli che Vincenzo Cosenza ha pubblicato sul suo blog , gli utenti potrebbero essere passati da circa 600.000 ad oltre 1 milione.

Se queste ipotesi si dovessero rivelare esatte saremmo di fronte ad un fenomeno simile, seppur ovviamente di dimensioni diverse, rispetto a quello accaduto in USA nel 2007 dove Facebook ha sbaragliato in termini di crescita ed attenzione qualsiasi altra applicazione di social networking.

Personalmente ho un approccio “laico” a Facebook e benché si tratti di un ambiente certamente ben fatto (nonostante i diffusi mugugni in rete, la recente rivisitazione dell’interfaccia mi pare abbia portato grandi miglioramenti) da quando ho un profilo su Facebook ho rapidamente sviluppato alcune ampie idiosincrasie nei suoi confronti, per esempio quella verso tutte le applicazioni di terze parti che è possibile installare. Non faccio test di intelligenza, non mando fiori, non spargo catene di sant’Antonio, non condivido musica. Un buon 80% della mia possibile attività su Facebook viene quindi istantaneamente “spenta” e questo fa di me un critico parziale e non troppo attendibile.

Facebook in ogni caso è una applicazione pensata per replicare nel piccolo spazio recintato disegnato dalla sua interfaccia, la maggior quota possibile della Internet che conosciamo. Molti utenti in USA lo utilizzano esattamente in questa maniera, come unico ambito di rete nel quale, non casualmente, negli ultimi tempi gli strumenti di interazione sono andati moltiplicandosi e le loro funzionalità spesso duplicano quelle già esistenti nella “grande Internet”. Dalla posta elettronica alle chat, dagli alert di testo allo sharing fotografico gli utenti di Facebook, se lo vogliono, possono scegliere di abitare dentro l’interfaccia del proprio social network, disinteressandosi di buona parte del mondo fuori.

La maggior complicazione di questa riduzione in scala della comunicazione elettronica, il suo vero punto di debolezza, resta il criterio di scelta dei propri contatti. La grande contraddizione non detta di Facebook e di gran parte degli altri social software è quella di proporsi come un servizio di allargamento della propria cerchia sociale e contemporaneamente di esaltare “sottovoce” i vantaggi sociali di una comunicazione fra simili.

Nei commenti del post di Cosenza sono elencate molte delle possibili motivazioni del boom di Facebook in Italia, dalla localizzazione nella nostra lingua, al mashing con altre interfacce molto utilizzate come Windows Live, da una certa notorietà raggiunta in seguito ai numerosi articoli di stampa ad una oggettiva semplicità d’uso che consente a chiunque di crearsi un profilo senza alcuna competenza informatica. È comunque molto presto per dire se la preferenza accordata anche in Italia a Facebook da parte degli utenti sia destinata a durare o vada archiviata invece alla voce “moda di stagione”.

Come per tutti i social network, oggi rimangono intatti anche per Facebook gli interrogativi legati al suo utilizzo. Per esempio Facebook, sfrondato dalle tonnellate di applicazioni inutili che la abitano, si segnala come ottimo tool per la gestione degli eventi, una sorta di calendario sociale molto centrato sul passaparola, mentre resta invece irrisolta la questione centrale del filtro sociale.

Quanto deve essere limitata la nostra presenza su Facebook per poter essere socialmente efficace? Quali utenti devo aggiungere al mio profilo fra quelli che ne fanno richiesta? La tendenza generale sembra essere quella comune agli altri software di rete sociale, vale a dire aggiungere alla propria lista di “amici” tutti o quasi quelli che ne fanno richiesta oppure di proporsi indistintamente a molti utenti che non si conoscono. Un limite di utilizzo ovviamente, non di interfaccia.

La ragione qualitativa che rende oggi la gestione di un semplice blog assai più proficua in termini di filtro sociale rispetto ai social network omnicomprensivi come Facebook (un discorso a parte credo andrebbe fatto per le interfacce verticali come Flickr) riguarda proprio il concetto di amicizia. Finché le nostre centinaia di contatti sui software di rete sociale saranno in buona parte perfetti sconosciuti convenzionalmente chiamati “amici”, il social graph che ha fatto la fortuna di Mark Zuckerberg resterà di fatto un diagramma ingannevole e fuori fuoco. E con esso tutti i modelli di business basati sul filtro sociale ad esso collegati.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
29 set 2008
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