Contrappunti/ No Web, no party

Contrappunti/ No Web, no party

di Massimo Mantellini - Così, mentre Fede e Vespa si apprestano a vivere l'ennesimo palcoscenico che la politica ha preparato per loro, la grande comunicazione sulle prossime elezioni inizia lentamente a trasferirsi su Internet
di Massimo Mantellini - Così, mentre Fede e Vespa si apprestano a vivere l'ennesimo palcoscenico che la politica ha preparato per loro, la grande comunicazione sulle prossime elezioni inizia lentamente a trasferirsi su Internet

Dal 6 febbraio scorso fino alla data delle prossime elezioni politiche è in vigore una legge dello Stato che tutti abbiamo almeno una volta sentito nominare. Si tratta della legge 22 febbraio 2000 n. 28 altresì detta “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica” meglio nota come legge sulla “par condicio”. Dici che non c’entra con Contrappunti? C’entra, c’entra.

È una norma che riguarda da vicino ciò di cui noi spesso ci occupiamo parlando di Internet, tratta della comunicazione fra i cittadini. Ed è intanto curioso osservare come una legge che intende garantire il diritto di accesso ai mezzi di informazione diventi uno strumento che impedisce ai cittadini stessi di esprimere le proprie opinioni. Il diritto di accesso è ovviamente quello dei soggetti politici e riguarda fondamentalmente la TV, quella che viene oggi da molti considerata il “medium insostituibile”. In nome di questo superiore diritto alla equità informativa fra i vari movimenti politici in radio e in TV nel lungo periodo pre-elettorale (specie in un paese dove tipicamente le elezioni si tengono con frequenza superiore a quella prevista), qualsiasi cittadino della Repubblica che si trovi a partecipare a trasmissioni televisive e radiofoniche viene obbligato a firmare una lunga e comica liberatoria con la quale si impegna a rispettare il silenzio nei confronti di qualsiasi argomento che possa anche solo marginalmente avere attinenza con la disputa elettorale. In altre parole, secondo tale normativa è cosa buona e giusta che i “media insostituibili” siano per molte settimane sterilizzati da qualsivoglia opinione terza nei confronti della discussione di maggior importanza che riguarda il paese.

La legge sulla “par condicio”, a noi che amiamo Internet, dice alcune cose importanti.

La prima è che la libertà di espressione dei singoli fuori dalla rete non è poi così sacra e può essere subordinata ad interessi superiori, che in TV e in Radio, solo professionisti della politica e della informazione sarebbero evidentemente in grado di garantire. Come accade con tutte le norme pensate per se stessi, si occupa esclusivamente di ciò che la politica guadagna in termini di accesso all’informazione (stabilisce per esempio che i messaggi elettorali debbano essere gratuiti) e non dell’enorme serbatoio di contributi ed intelligenze che la collettività perde annullando per decreto i punti di vista e le opinioni di quanti, per le ragioni più varie, stiano passando da quelle parti. Nell’approssimarsi delle elezioni in Italia sembra quasi che solo i politici possano parlare di politica.

La seconda caratteristica importante è che fortunatamente la “par condicio” non vale per la carta stampata, così come non vale per Internet, ed è piuttosto curioso considerare come la definizione di “medium insostituibile” per un numero sempre maggiore di persone in tutto il mondo vada da qualche tempo riferita alla rete internet e non più alla TV. Così mentre Emilio Fede e Bruno Vespa si apprestano a vivere con soddisfazione l’ennesimo palcoscenico che la politica ha preparato per loro, la grande comunicazione sulle prossime elezioni inizia lentamente a trasferirsi su Internet, un po’ per amore, visto che sempre più cittadini frequentano siti web nei quali confrontarsi con i temi della politica (e dell’antipolitica) e un po’ per forza, visto che la TV viene consegnata chiavi in mano a comunicatori e candidati impegnati a ripetere per mesi lo stesso teatrino.

Qualche giorno fa sulle pagine di Punto Informatico Lorenzo Campani ha scritto un ottimo articolo sulle differenze fra campagna elettorale americana ed italiana, specie in relazione alle modalità di finanziamento dei candidati che negli USA sempre più spesso passano attraverso la rete, mentre in Italia passano preferibilmente attraverso piccoli commi di legge sostituiti di soppiatto con la complicità del parlamento intero, nessuno escluso.

E nonostante questo ritardo palpabile, anche la comunicazione politica sembra destinata a scivolare sempre di più lontano dalle leve dei macchinisti per trasferirsi nelle discussioni dei cittadini. Così come è accaduto per altre forme di disintermediazione, da un lato sarà probabile assistere nei prossimi anni ad un tentativo di conservazione della politica stessa nei confronti delle proprie prerogative comunicative (una legge Internet sulla “par condicio” in un parlamento depresso come il nostro qualche visionario la immaginerà sicuramente) e dall’altro i candidati stessi dovranno sempre più spesso fare i conti con la rete, adattando la propria cifra comunicativa ad un medium totalmente differente da quelli fino a ieri frequentati.

Dalle confortevoli poltrone in pelle dei talk show televisivi con le domande concordate, agli scivolosi anfratti dei social network la scommessa sarà quella di capire se la rete sarà in grado di determinare maggiore trasparenza e maggior chiarezza nella descrizione della politica. O se invece, come è anche possibile, accadrà il contrario. Comunque vadano le cose, a quei tempi la definizione televisiva di “medium insostituibile” e la cattiva coscienza di norme come quella sulla “par condicio” saranno diventate pura e semplice archeologia.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
11 feb 2008
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