Contrappunti.it/Rete, non so cos'è ma non mi piace

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Lo ripetono tante firme del giornalismo nostrano. Per chi la rete la conosce si tratta di commenti senza alcuno spessore, ma per tutti gli altri? di M. Mantellini
Lo ripetono tante firme del giornalismo nostrano. Per chi la rete la conosce si tratta di commenti senza alcuno spessore, ma per tutti gli altri? di M. Mantellini


Web (internet) – “Mai una moda, una follia collettiva, una allucinazione di massa fu più travolgente dogmatica e arrogante” (Giorgio Bocca, 17 febbraio 2000, La Repubblica).

C’è una schiera di grandi vecchi del giornalismo italiano che appena citano “Internet” perdono le staffe. Non è che accada una volta ogni tanto. Nel caso di Bocca per esempio la rete sembrerebbe diventata una ossessione visto che gran parte dei suoi ultimi contributi sono del tenore della frase riportata quì sopra. Con toni più compassati anche Montanelli, Scalfari e molti altre firme del giornalismo nostrano mostrano difficoltà di comprensione e fastidio nei confronti del fenomeno Internet.

Si può reagire in due differenti maniere a contributi del genere: bollarli genericamente come risultato dell’aterosclerosi o cercare di capire se dietro le provocazioni e le perplessità per esempio di Giorgio Bocca possa nascondersi qualche utile consiglio.

La rete sarà dunque il grimaldello che scardinerà l’ordine economico sociale mondiale? Sarà un catalizzatore verso il rincoglionimento eletto a stile di vita?

La perplessità forse maggiomente citata dai grandi vecchi del giornalismo italiano è quella che Internet favorisca il nascere di una nuova oligarchia: quella di una minoranza che “clicca” che deciderà per una maggioranza che non lo sa fare.

Un vecchio discorso, indubbiamente; totalmente estraneo alla cultura anglosassone e invece fortemente sentito da noi, forse figlio di alcune dichiarazioni di Umberto Eco di qualche anno fa, che esprimevano la necessità di estendere il più possibile “l’alfabetizzazione telematica” nel pianeta drammaticamente diviso dalle nuove tecnologie.

Un concetto “bello” che solo certi intellettuali sanno produrre quando vengono interpellati sulle cose di Internet. Bello sacrosanto e difficilmente contestabile, di quelli che una volta espressi causano violenti segni di assenso da parte un po ‘ di tutti, giornalisti compresi. Tutti amichevolmente uniti nel processo di rimozione per esempio del fatto che un residente su due del globo non ha mai fatto una sola telefonata.

In attesa che l’alfabetizzazione telematica raggiunga e superi quella telefonica, il mondo già collegato, del tutto insensibile a chiose del genere, accelera verso Internet. In gran parte dei paesi industriaizzati Internet è ormai il setaccio attraverso il quale tutto viene filtrato. Ciò accade nella sostanziale indifferenza a qualunque grido di allarme.

Ha ragione Bocca: qualcosa sta rapidamente cambiando ed avviene in gran parte al di fuori del nostro controllo (e dei nostri desideri). Aggiungiamo noi che in Italia è vacante il posto di chi è “contrario a Internet per contratto”, cattedra a pieno titolo occupata in USA da Clifford Stoll, autore di saggi sulle false promesse della rete nei quali spiega come “talvolta” una email possa essere più lenta di una normale lettera imbucata (l’ultimo dei suoi libri, appena pubblicato, elenca le ragioni per cui Internet è un grave pericolo per il sistema formativo scolastico).

Nè Bocca nè Montanelli nè Scalfari potranno ricoprire lo stesso ruolo in Italia poichè, per loro stessa ammissione, non hanno la minima confidenza con il mezzo che così ossessivamente citano.

“Non la conosco e non mi piace” ripetono riferendosi a Internet tante firme famose del giornalismo nostrano… Per chi la rete la conosce si tratta di commenti senza alcuno spessore, ma per tutti gli altri?

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
22 feb 2000
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