Dow Jones batte il pezzo finché è caldo

Dow Jones batte il pezzo finché è caldo

Rilanciare notizie che un'agenzia di stampa ha appena offerto ai suoi abbonati costituisce una violazione? Dow Jones denuncia un servizio concorrente rivendicando il diritto di scoop nell'era della Rete
Rilanciare notizie che un'agenzia di stampa ha appena offerto ai suoi abbonati costituisce una violazione? Dow Jones denuncia un servizio concorrente rivendicando il diritto di scoop nell'era della Rete

Se con l’avvento della Rete le notizie si rincorrono con sempre più rapidità, le fonti si moltiplicano e le rielaborazioni sono parte integrante del lavoro di redazione, permangono residui di una disciplina del passato che tutela l’esclusività delle notizie finché queste sono di stretta attualità, per come la stretta attualità era intesa ai tempi dell’era cartacea. È così che Dow Jones si è fatta giustizia nei confronti di Ransquawk, un servizio a pagamento che distribuisce notizie a media e investitori.

L’agenzia di stampa Dow Jones, la cui tempestività è un aspetto fondamentale per il target dei propri abbonati, aveva denunciato la britannica Ransquawk all’inizio del 2014: le contestava il fatto che “per design, offrisse le notizie più fresche e tempestive prima ancora che Dow Jones pubblicasse queste notizie altrove”, presso i siti del proprio network. Era successo ad esempio in occasione delle notizie sulla IPO di Twitter: Ransquawk, attingendo alla piattaforma online a pagamento di Dow Jones, DJX, aveva offerto ai propri abbonati il lancio solo due secondi dopo la pubblicazione sui canali ordinari di Dow Jones. L’agenzia di stampa la accusava dunque di “copiare e ritrasmettere sistematicamente contenuti identici o pressoché identici a quelli ottenuti, scritti e elaborati dai giornalisti che lavorano per Dow Jones”. Questa dinamica, secondo l’agenzia di stampa, abbatterebbe il valore delle proprie notizie , rendendo vani gli investimenti che Dow Jones infonde negli strumenti per battere la concorrenza sul tempo.

Il giudice di New York ha riconosciuto a Dow Jones un’ingiunzione permanente che impedisce a Ransquawk di diffondere le notizie attinte da DJX prima che compaiano sui media nel network Dow Jones, basandosi sulla dottrina che investe le cosiddette hot news . Affermatasi negli States a seguito di un caso che ha coinvolto, nel 1918 , le agenzie di stampa International News Service e Associated Press, stabilisce che sui fatti non vige il copyright, ma che l’appropriazione di una notizia fatta emergere da un altro attore dei media si possa considerare concorrenza sleale . Per questo motivo a Dow Jones verranno altresì riconosciuti dei danni, ancora da fissare: l’agenzia di stampa chiede 5 milioni di dollari.

Ransquawk, che non si è presentata al dibattimento, ha però commentato la decisione del giudice lamentandone l’incostituzionalità, in quanto violerebbe la libertà di espressione e il diritto alla libera circolazione dell’informazione : “Quella che stabilisce l’appropriazione indebita delle hot news è una legge antiquata, che sopravvive solo in cinque stati americani ed è completamente sconosciuta nel Regno Unito e in Europa – ha spiegato il CEO Ranvir Singh – Se siamo colpevoli di averla violata, è altresì colpevole una moltitudine di aggregatori di news”. Il panorama è profondamente cambiato rispetto ai primi decenni del Novecento: le notizie, ora, “sono trasmesse in tutto il globo nel giro di secondi, indipendentemente da chi le abbia pubblicate per prime”.

Ma se lo scenario dell’informazione è completamente differente, l’orientamento della giustizia non sembra ancora aver voltato definitivamente pagina: Dow Jones ha ottenuto un risarcimento nel caso condotto contro il servizio Briefing.com , ma il servizio Theflyonthewall.com , coinvolto in un caso analogo che ha visto schierarsi editori tradizionali e intermediari dell’informazione come Google e Twitter, si è visto riconoscere la legittimità .

Gaia Bottà

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Pubblicato il 21 mag 2014
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