DRM, Apple attacca la svolta francese

DRM, Apple attacca la svolta francese

L'azienda della Mela, destinata ad essere la più colpita dalla legge francese sul DRM in fase di approvazione, boccia la nuova normativa: lo Stato sponsorizza la pirateria. FIMI: bene così, ma ci vogliono garanzie
L'azienda della Mela, destinata ad essere la più colpita dalla legge francese sul DRM in fase di approvazione, boccia la nuova normativa: lo Stato sponsorizza la pirateria. FIMI: bene così, ma ci vogliono garanzie


Roma – Ha atteso pazientemente, forse sperando che la questione si sgonfiasse, e ha resistito alle molte richieste di commenti pervenute dai media nelle ultime settimane: ora invece Apple ha deciso di intervenire per commentare la legge francese che ridisegna il quadro delle tecnologie DRM (Digital Rights Management). Bocciandola in toto.

Il testo deve ancora essere approvato dal Senato francese, approvazione che appare però scontata, vista la larga maggioranza che la sostiene e l’ha votata all’Assemblea Nazionale, ed Apple teme il peggio. “L’implementazione francese della direttiva europea sul copyright – ha dichiarato la portavoce Natalie Kerris – avrà come conseguenza una pirateria sponsorizzata dallo Stato”. “Se ciò accadesse – ha continuato – le vendite di musica legale subiranno un drastico calo proprio quando le alternative legali alla pirateria stanno conquistando i consumatori”.

L’allarme di Apple sta risuonando in queste ore nell’intero settore, anche perché è basato su un’analisi condivisa da molti del nuovo DRM impostato dalla normativa, che in pratica obbliga i produttori di dispositivi e software multimediali a rendere i contenuti acquistati dai propri clienti fruibili anche su qualsiasi altra piattaforma . Ciò, che pure va incontro alle richieste che da sempre le associazioni del consumo propongono in Europa e negli Stati Uniti, può risolversi in difficoltà notevoli nel garantire che i contenuti “trasportabili” siano comunque protetti contro le copie abusive. Senza questa tutela, che peraltro la normativa richiama espressamente, le case produttrici di contenuti, a cominciare da quelle musicali, si guarderanno bene dal continuare a commercializzare i propri cataloghi.

Cercando di allontanare da sé l’immagine di un’azienda che teme per il proprio business, che oggi è basato anche sull’associazione proprietaria dei player digitali iPod e del music store iTunes, Apple ha dichiarato che se la legge passerà “le vendite di iPod probabilmente aumenteranno in quanto gli utenti caricheranno sui propri iPod musica interoperabile che non potrà essere protetta adeguatamente”. Per rincarare la dose, Kerris ha sottolineato come “a film gratuiti per iPod non dovrebbe mancare molto”.

Ma questa prospettiva lugubre è condivisa dall’industria dei contenuti ? Sebbene IFPI , la federazione internazionale dei fonografici, abbia espresso qualche riserva in attesa di capire “come potrà funzionare”, il suo giudizio è sostanzialmente positivo. Ieri Punto Informatico ha raccolto anche l’opinione di FIMI , la Federazione italiana di settore, che ha spiegato: “Vediamo con favore l’interoperabilità tra sistemi e la possibilità di suonare i brani scaricati legalmente su diversi player, è un elemento essenziale per far crescere la musica digitale che oggi rappresenta, ad esempio in Italia, il 4 per cento del mercato. Interoperabilità deve tuttavia allo stesso tempo significare tutela dei contenuti, le due cose devono andare in parallelo”.

Piace quindi ai produttori l’orientamento francese, perché in fondo può significare una maggiore diffusione della musica, ma la riserva è proprio sulle garanzie sul diritto d’autore che una riforma del genere deve assicurare perché il mercato legale continui ad essere foraggiato dalle major. Ma piace, probabilmente, anche perché con Apple, che detiene tra il 70 e il 75 per cento del mercato legale online, le major da lungo tempo hanno aperto una querelle sui prezzi dei brani in vendita e sulle modalità tariffarie, due aspetti che la Mela fino a questo momento non ha mai voluto modificare, arrivando anzi ad accusare i detentori dei cataloghi musicali di ingordigia .

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Pubblicato il 23 mar 2006
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