Un programmatore ha creato l’estensione Chrome più imbarazzante di sempre. E potrebbe essere la soluzione definitiva per risolvere la dipendenza da social media… Più forte si grida, più tempo concede. È folle, umiliante e… brutalmente efficace.
Parliamoci chiaro: siamo tutti tossicodipendenti. La droga si chiama social media e la spaccia Meta, X, TikTok e compagnia bella. I numeri fanno impressione: il 10% degli americani è ufficialmente dipendente dai social. Nel mondo sono centinaia di milioni.
L’estensione Chrome che umilia per salvare dalla dipendenza dai social
Gli sviluppatori hanno provato di tutto: app che bloccano i siti, smart plug che staccano internet, timer che limitano l’uso. Risultato? Vengono aggirati tutti nel giro di pochi secondi. Il developer Pankaj Tanwar aveva lo stesso problema. La sua soluzione? “Scream to Unlock“, un’estensione Chrome che blocca i social finché non si urla “I’m a loser” al microfono. Non è uno scherzo. È reale, funziona e sta spopolando.
Ad esempio, se si prova ad aprire Instagram, appare una schermata nera con “Accesso Negato”. L’unica via d’uscita è attivare il microfono e gridare la frase della vergogna. Più forte si grida, più tempo si ottiene sui social. L’estensione non si accontenta di un sussurro imbarazzato. Ha un sistema di valutazione del volume sadico:
- Volume sotto 30: “Sembri un topo!”
- Volume decente: “Non male, ma puoi fare meglio!”
- Urlo epico (100%+): “FANTASTICO! È stato un urlo epico!”
Il messaggio è chiaro: se vuoi scrollare, devi soffrire.
Perché questa follia potrebbe funzionare
L’idea dietro è semplice: l’imbarazzo è più forte della dipendenza. Chiunque preferirebbe rinunciare allo scroll infinito piuttosto che umiliarsi davanti a tutti. È psicologia applicata in modo brutale ma efficace. Non si può aggirare il blocco, non si può barare. O si urla o niente social. Fine della storia.
Immaginiamo per un attimo la scena. Si è in ufficio, si apre Facebook, e si deve urlare “SONO UN PERDENTE!” davanti ai colleghi per vedere i meme di gatti…
L’unica nota stonata, è che l’estensione promette di elaborare tutto localmente senza raccogliere dati. Peccato che non sia del tutto vero. Il codice usa l’API di riconoscimento vocale di Chrome, che invia tutto ai server di Google. Quindi non solo ci si umilia davanti al computer, ma anche davanti a Big G. Doppia punizione.
È questo il futuro della digital detox? App che ci umiliano per il nostro bene? Forse è il sintomo di quanto siamo messi male: abbiamo bisogno di torture psicologiche per staccarci da social.