Facebook crolla in borsa: il futuro spaventa

Facebook crolla in borsa: il futuro spaventa

Facebook crolla di oltre il 20% in borsa dopo una trimestrale che non ha saputo confermare le stime e da cui emergono difficoltà anche per il futuro.
Facebook crolla in borsa: il futuro spaventa
Facebook crolla di oltre il 20% in borsa dopo una trimestrale che non ha saputo confermare le stime e da cui emergono difficoltà anche per il futuro.

La trimestrale boccia Facebook e il titolo in borsa crolla sotto il peso di previsioni deludenti. Nelle contrattazioni after hour (i numeri della trimestrale sono stati presentati a borsa chiusa) il titolo è caduto del 24% circa e a Mark Zuckerberg sicuramente non piace questo elemento. Nel giro di poche ore il gruppo perde infatti un quarto del proprio valore, bruciando una incredibile capitalizzazione sulla scia di quanto indicato dai numeri: nel contesto di un NASDAQ ai massimi di sempre (positive le trimestrali Microsoft e Google), Facebook non ha saputo raggiungere le stime degli analisti ed ha dovuto avvertire gli azionisti del fatto anche i prossimi trimestri non potranno essere all’insegna della crescita. E nelle stesse ore Zuckerberg passa dall’essere il terzo uomo più ricco del pianeta ad essere il sesto.

Facebook ha messo da parte 13 miliardi di fatturato contro i 9 dello scorso anno, in crescita dunque di oltre il 40%; 1,47 miliardi di utenti hanno utilizzato i servizi del gruppo a cadenza quotidiana, cifra che sale a 2,23 miliardi su base mensile (in crescita di un ulteriore 11% rispetto al 2017). La crescita è registrata soprattutto in area asiatica, poiché USA e UE risultano ormai essere fermi e, probabilmente, ben vicini alla massima espansione raggiungibile. Numeri importanti, insomma, che dipingono un quadro teoricamente positivo per una azienda forte di grandi community e capace di mettere da parte ulteriore crescita. Ma questo non basta, soprattutto in termini di monetizzazione: a far cadere la fiducia, infatti, sono le prospettive.

Il valore in borsa non fotografa soltanto la crescita reale, ma anche quella potenziale: per la prima volta Facebook non ha raggiunto le stime e, soprattutto, le previsioni da qui a fine anno indicano una crescita ben al di sotto di quella attuale. La forza propulsiva del social network sembra depotenziata, insomma, e quello che descrivono i numeri è un business che sta perdendo visibilmente accelerazione: nulla potrebbe essere peggiore agli occhi degli azionisti.

Sta per iniziare una fase nuova, insomma, certamente non slegata dalle polemiche che hanno travolto il gruppo nell’ultimo periodo. Dal caso Cambridge Analytica in poi, infatti, v’è stato un tracollo nell’immagine pubblica del social network e Mark Zuckerberg ha dovuto mettere in piedi una serie di iniziative sul fronte della sicurezza necessarie per ripristinare l’integrità del servizio. Polemiche destinate a non finire: una infelice uscita di Zuckerberg sul negazionismo dell’olocausto (giusta nel merito, ma superficiale nel modo in cui è stata espressa) ha in questi giorni esacerbato il sentiment negativo che da gran parte del mondo emerge nei confronti della capacità del network di filtrare fake news, bufale, complottismi e altre derive. C’è come la sensazione che Facebook non sia più in grado di compensare il proprio smisurato potere con adeguate misure di controllo, il che ha messo in guarda le autorità prima e gli utenti poi di fronte ai pericoli individuali (privacy) e sociali (fake news) che sul network continuano a proliferare.

Zuckerberg ha fatto troppo poco e troppo tardi, lasciando per troppo tempo che il network crescesse senza i necessari paletti. Ora, quando gli scandali hanno iniziato a prendere piede fino a portare il numero uno di Menlo Park di fronte sia al Congresso USA che al Parlamento Europeo, sono state messe in piedi iniziative per filtrare i contenuti in modo più efficace promettendo un vasto uso dell’Intelligenza Artificiale, un maggior controllo dei dati personali e una maggiore attenzione ai protocolli di interazione con gli sviluppatori. Ciò in prospettiva andrà però a detrimento della capacità di monetizzazione, poiché è noto come il compromesso tra privacy e advertising non possa essere risolto in favore sia degli utenti che dell’azienda.

Quel che il titolo non aveva perso a causa degli scandali, insomma, lo si perde tutto d’un colpo quando i numeri non hanno più saputo compensare l’hype attorno ai problemi del social network. Ed ora tocca a Zuckerberg dimostrare di avere il timone saldo nelle proprie mani.

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Pubblicato il
26 lug 2018
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