Gates non si dimette: il capo espiatorio

Gates non si dimette: il capo espiatorio

La mossa di Bill è una intuizione sopra le righe per un uomo abituato ad imporre i propri schemi. Non è più presidente, non è più CEO ma rimane il cuore pulsante di Microsoft
La mossa di Bill è una intuizione sopra le righe per un uomo abituato ad imporre i propri schemi. Non è più presidente, non è più CEO ma rimane il cuore pulsante di Microsoft


Web (internet) – Prima di tutto i fatti. Contrariamente a quanto pubblicato dalla quasi totalità della stampa italiana Bill Gates non si è dimesso. Il chairman Microsoft, infatti, rimane chairman e acquisisce anche un nuovo ruolo, quello di Chief Software Architect (CSA). Non è più Chief Executive Officer (CEO) perché ha promosso a questa carica il Presidente Microsoft, l’amico di sempre Steve Ballmer.

Non è vero, dunque, che Gates rimane presidente, perché non lo è da più di un anno, quando Ballmer fu “promosso” per la “prima volta”. Cedendo il posto di CEO, Gates cede il timone operativo dell’azienda, il ruolo di chi nell’ufficialità della burocrazia aziendale o, in questo caso, nelle necessità di facciata, si occupa delle strategie industriali, del portare al mondo l’opera della propria impresa e altro ancora. Ma non cede il suo ruolo.

Il passaggio del testimone sulla poltrona di CEO non va presa come una rivoluzione. Anzitutto era attesa, perché da mesi si parla di questa possibilità sulle pagine delle agenzie specializzate americane. In secondo luogo lo stesso Gates da tempo parla di sé stesso e di Ballmer come di una cosa sola. A Forbes, lo scorso ottobre, il chairman Microsoft dichiarava: “nessuno dovrebbe avere dubbi sul fatto che Steve sia il numero due dell’azienda. Steve è il mio migliore amico. Siamo entrambi capaci nel muoverci insieme per un unico grande compito. Chi ha un incarico e chi ne ha un altro, questo non è un dato rilevante”.

Quello che è vero è che Steve Ballmer diventerà il fulcro dell’attività ufficiale di Microsoft, sarà lui a presenziare i grandi eventi tecnologici mondiali, sarà Ballmer a bacchettare il Dipartimento della Giustizia e a difendere il ruolo della sua azienda sui mercati internazionali. Ma non si può dire che sia una grande novità. Ballmer da tempo, in qualità di presidente e numero due di Gates, presenzia ad incontri internazionali, compie tournee all’estero per parlare delle strategie Microsoft e molto altro ancora.

Dinanzi ai titoli dei maggiori quotidiani nazionali, tutti più o meno concordi nell’affermare ciò che non è vero, cioè che “Bill Gates si è dimesso”, si è stati indotti a ritenere che fosse finita “l’era Gates”. In realtà William il terribile ha creato per sé una posizione aziendale del tutto nuova, “il capo degli architetti del software”, che non solo non ha confini definiti perché è nuova, appunto, ma che sottrae di fatto al CEO, Ballmer quindi, una parte delle responsabilità tipicamente ascritte a quel genere di dirigente. Gates ha dichiarato di volersi dedicare al software, di voler “tornare alle origini”, e nella maggiore softwarehouse del mondo non si può ritenere questo un declassamento. Anzi, è probabilmente il segno più forte che Gates ha capito che Microsoft deve cambiare per rimanere numero uno.

Sarebbe ingenuo pensare davvero a “dimissioni”, perché dopo tutto questo rumore Gates rimane azionista di riferimento Microsoft (15 per cento delle azioni sono sue), conserva la chairmanship, figura centrale nell’amministrazione dell’impresa, e rimane “l’anima nera” o “l’anima blu” di Microsoft.


La mossa appare chiara ai più smaliziati. Il giochino delle tre carte serve al duo per reagire al momento durissimo che sta passando l’azienda sotto le bordate senza precedenti dell’Antitrust e le difficoltà legate ad un mercato che si dirige verso internet ad una velocità che Microsoft stenta a tenere come propria velocità di crociera. Dimostrando da tempo l’esigenza di trovare una nuova forma per il proprio trono, ormai incapace di contenere comodamente maestose rotondità dai riflessi un po ‘ sbiaditi.

Ballmer come CEO significa prima di tutto in questo scenario l’idea che Gates non debba “essere” l’azienda, che Microsoft, dunque, perda finalmente questa identità ormai anche mediaticamente perdente tra il suo fondatore e la sua realtà aziendale. Gates si propone come un “funzionario di alto livello” e c’è addirittura qualcuno disposto a credere che sia davvero così e Ballmer emerge come il manager entrato nell’80 in Microsoft che “ora” ha fatto carriera. Ma anche questo appare ingenuo, vista l’immensa ricchezza personale che lo stesso Ballmer ha realizzato grazie ai titoli Microsoft e il suo ruolo decisivo in almeno dieci degli anni passati accanto a Gates.

Rimane apparentemente una unica strada, quella di una strategia che comincia con il confondere gli avversari cambiando le carte in tavola e mescolando i ruoli. Perché è vero che l’Antitrust ha fatto trapelare, poi rimangiandosele ma fino ad un certo punto, le proprie voglie inconfessabili, quelle di fare a pezzi Microsoft. Ma è anche vero che America Online è diventato più di un formidabile competitor dell’azienda su internet, che Linux è un sistema operativo la cui marcia appare tuttora inarrestabile e che la rete propone modelli software, come quelli in affitto, su cui Microsoft appare in cronico ritardo.

A queste sfide l’azienda risponde ponendo Gates alle strategie software con i “Next-Generation Windows Service”, un coacervo di idee sotto la sigla NGWS che rappresenta la “nuova frontiera” di Microsoft, dove l’azienda inizierà a fare i conti, e questa volta sul serio, con i nuovi modelli imposti dalla rete e dall’integrazione ad internet delle attività produttive e aziendali.

Sul suo nuovo ruolo quel furbone di Gates l’ha messa così: “ho chattato con Steve e con gli altri sull’idea di rimettermi a lavorare sui prodotti per un paio d’anni. Potrei minacciare di scrivere del codice. La promozione di Steve mi consentirà di dedicarmi alla mia passione a tempo pieno, realizzare cioè software importante e creare strategie per il futuro, nonché alimentare la collaborazione del team centrale per aiutare Steve a far camminare l’azienda”. E forse Gates dice qualche verità quando afferma: “mi sono divertito per 25 grandi anni, ma la parte più eccitante della mia carriera è ancora dinanzi a me”. Persino il presidente americano Bill Clinton ha commentato la “mossa”: “credo sia un’operazione molto interessante per uno come lui. Ballmer è ovviamente un uomo di grandi risorse e con la tecnologia Gates è un genio. Sarà interessante vedere che accadrà”. Non ci crede nemmeno Clinton.

Gates decide poi di mettere Ballmer al centro. Perché non solo Ballmer è uomo capace ed energico, come ha anche dimostrato con le sue stilettate contro l’Antitrust subito dopo l’annuncio della “promozione”, ma anche perché le sue fortune dipendono dal volere di Gates, il vero boss della compagnia. Gates può così impostare il marketing delle cose Microsoft sulla rete e Ballmer può costituire una diga insormontabile per gli innumerevoli fronti che si sono aperti, a volte come ingorde voragini, in questi mesi.


Che Microsoft non abbia alcun desiderio di essere smembrata dall’Antitrust è fuori di dubbio ed è anche fisiologicamente comprensibile. Ma che questo sia l’argomento centrale di questi giorni, dopo la fuoriuscita di queste ipotesi riportata da USA Today, è altrettanto fuori discussione. E c’è gente, come James Love, a capo del Consumer Project on Technology, secondo cui “il più grande problema di Microsoft oggi non è se accettare o meno un accordo come quello che fu dell’AT&T e che previde lo spezzettamento delle attività in più aziende. In molti ritengono che il problema sia più di ordine personale che di ordine finanziario”. Come a dire che se c’è un problema è legato alla volontà unica, a Bill Gates.

Ma sono voci che Ballmer ha voluto sopprimere subito, attaccando l’Antitrust e affermando che la strategia dell’azienda non cambierà. “Credo, ha detto Ballmer con parole che contribuiscono ad ufficializzarne l’indipendenza di pensiero, che sarebbe assolutamente fuori dal mondo e irresponsabile chiunque tentasse di suddividere questa azienda. Credo non solo che sarebbe un fatto di una gravità senza precedenti ma anche che cosituirebbe il più grande disservizio contro i consumatori. Sarebbe folle oltre ogni possibile ragionamento”.

Uno scenario “alternativo” accreditato da molti, e tra questi Rob Enderle del Giga Information Group, è quello che vede Gates come “annoiato. Da tempo si era capito che non gli piaceva il suo lavoro. Steve è stato il motore dell’azienda, a lui piacciono le persone e sa essere un secondo. Bill no. Questo lo ha portato a scendere quando l’azienda è ancora ai massimi livelli”.

La verità l’ha probabilmente colta, però, uno degli esperti consultati da CNET in queste ore, secondo cui “Gates ritiene che il business online e i servizi internet per gli utenti saranno così centrali e così decisivi per il futuro industriale dell’azienda che, probabilmente, ha ritenuto di non potersi dedicare ad altro”. Altro, dunque, che dimissioni.

C’è anche un secondo “pezzo” di scenario palesato da qualche commentatore sulla stampa americana. Si riferisce al fatto che con la nuova suddivisione dei ruoli tra Ballmer e Gates si arriverà ad una nuova ristrutturazione aziendale che porrà le attività internet da un lato e tutto il resto dall’altro. Proprio ciò che vorrebbe l’Antitrust. E questo perché, se si arrivasse ad una sentenza di questo genere per Microsoft, la ristrutturazione non sarebbe più “imposta”, sarebbe anzi già stata “abbracciata” con conseguenze molto meno negative per gli azionisti dell’azienda. Tra questi, i principali, proprio Gates e Ballmer. Se questa sia una speculazione non tarderemo a scoprirlo.

Paolo De Andreis

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Pubblicato il
14 gen 2000
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