Web – Gli stessi che si definivano profeti della New Economy, adesso si affannano a dire che la New Economy è in crisi irreversibile e che il banner, in quanto emanazione della pubblicità su internet, è la più grande bufala di tutte.
Ma chi lo ha detto che il banner non funziona? Il banner funziona benissimo. A patto che pubblicizzi sesso o loghi e suonerie. E sì, perché se, come assurdamente si fa, si misura il successo del banner in base ai click fatti su di esso dagli utenti, gli unici che ottengono un buona dose di click sono proprio quei due.
Il motivo è semplice: quando qualcuno naviga su Internet sta facendo qualcosa, sta cercando informazioni o sta andando (sebbene virtualmente) da qualche parte. Per distoglierlo dai suoi pensieri quindi è necessario che gli si proponga uno stimolo talmente interessante da indurlo a cambiare idea e interrompere la sua navigazione per fare dell’altro. Insomma: in televisione la pubblicità interrompe il programma, è inevitabile, mentre su internet propone di interrompere il programma che l’utente si stava creando e deve quindi essere convincente.
Il fatto che il sesso riesca ad essere convincente non ci stupisce: uomini e donne su internet danno libero sfogo ai loro desideri e, con la faccia da porcelli, si aggirano alla ricerca di immagini che rispecchino il più possibile le loro fantasie (tanto su Internet c’è di tutto). Ci stupisce leggermente di più, invece, che tanti siano attirati da loghi e suonerie: ma è uno stupore che dura poco. D’altra parte sono in tanti a mettere le suonerie più strampalate sul proprio telefonino: chi lo fa, in genere, non sceglie una musica che gli piace ascoltare ma ostenta una propria scelta. Non è raro infatti sentire una suoneria a un milione di decibel sparare la musichetta di Heidy o di Goldrake (se non una melodia ancora più leggera) e, dopo essersi guardati intorno, incrociare lo sguardo truce del proprio direttore di banca o del primario dell’ospedale, che lascia intendere: “Sì mi piace questa musica, che c’hai da guardare?”. Ecco perché – ci dicono – c’è chi è irresistibilmente attratto da un banner che pubblicizza loghi e suonerie strampalate.
Ma quanto detto, ossia che i banner di sesso e di loghi e suonerie siano i soli a funzionare, vale solo se si accetta l’assunto che il banner non ha raggiunto il suo scopo se non ha una “buona dose di click”. Il che non è sempre vero: come dicevamo prima, chi naviga sta facendo qualcosa di attivo quindi è presumibilmente sveglio e molto attento.
La pubblicità in tv, come negarlo, si rivolge invece a persone che stanno facendo qualcosa di passivo. Traducendo in immagine quanto detto ci viene alla mente l’utente internet seduto davanti ad un computer con il mouse in una mano, l’altra mano sulla tastiera e lo sguardo fisso sul monitor.
E poi ci viene alla mente lo spettatore televisivo: stravaccato sul divano, gli occhi a pimpinella, la bocca semiaperta, un leggero filo di bava che cola di lato, il russare che ogni tanto è l’unica cosa capace di destarlo; insomma un essere che spesso ha temporaneamente scollegato il cervello tanto da essere in grado di profferire una sola frase coerente (sempre la stessa, rivolta a chi gli spegne il televisore): “Ma perché hai spento? Lo stavo guardando!”.
Non sappiamo, quindi, se sia più proficuo far vedere la pubblicità di una merendina ad un completo addormentato o se sia meglio farla vedere ad una persona sveglia e attenta.
Però i soloni del marketing mi dovrebbero spiegare perché chi sta davanti al televisore, alla fine secondo loro andrebbe davvero a comprare la merendina, mentre il navigatore medio, che notoriamente non compra niente, debba essere malmenato, costretto a passare il proprio tempo libero nel chiudere finestre che si moltiplicano senza sosta sul desktop, colpevole soltanto di aver cliccato sull’advertising online dell’ennesima evidentemente irresistibile fotomodella nuda. Possibile che debba per forza comprarsi una merendina?