Google, intelligenza videoludica

Google, intelligenza videoludica

Gli algoritmi di intelligenza artificiale di Mountain View imparano a giocare ai titoli classici per Atari 2600, e lo fanno da soli. Usando tecniche ispirate ai meccanismi di apprendimento biologici
Gli algoritmi di intelligenza artificiale di Mountain View imparano a giocare ai titoli classici per Atari 2600, e lo fanno da soli. Usando tecniche ispirate ai meccanismi di apprendimento biologici

Dagli esperti di intelligenza artificiale (IA) di DeepMind, società acquisita da Google l’anno scorso, arriva uno studio che descrive un nuovo approccio nell’applicazione degli algoritmi intelligenti all’apprendimento. Un approccio potenzialmente in grado di apportare miglioramenti concreti per i servizi Internet e non solo.

In concreto, i sistemi sviluppati da DeepMind sono stati in grado di imparare il modo di giocare a 49 diversi giochi per Atari 2600, console storica dal gameplay semplicistico (per gli standard odierni) che ha però fornito all’IA di Google una sfida sufficientemente simile ai meccanismi caotici che regolano il modo reale.

Ciascuno dei sistemi programmati dai ricercatori è stato istruito su come giocare (e vincere) a uno solo dei 49 giochi, ma ciascuno è stato poi in grado di apprendere il modo migliore di affrontare le altre 48 sfide tutto da solo.

Deep Q-network (DQN), il nuovo algoritmo sviluppato da DeepMind, è in grado di superare in perizia i precedenti algoritmi di apprendimento in 43 dei 49 giochi testati: in più della metà dei giochi, poi, DQN ha dimostrato un livello di abilità pari al 75 per cento di quella di un giocatore in carne e ossa “professionista”.

Il segreto di DQN, dicono i ricercatori, consiste nell’ispirarsi ai meccanismi di apprendimento naturali – e in particolare tramite l’uso di incentivi positivi: ogni volta che il sistema superava il punteggio più alto o raggiungeva un nuovo livello veniva “premiato”. Gli incentivi non sono generalmente utilizzati come modello dei sistemi di intelligenza artificiale, ma per gli esperti di DeepMind i risultati ottenuti da DQN dimostrano che farne uso è utile.

Gli agenti software imparano a riconoscere i pattern in un flusso caotico di dati e informazioni digitali, e in futuro tale capacità potrà essere applicata ad ambiti informatici come la ricerca su Web, le auto che si guidano da sole e chissà cos’altro.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
26 feb 2015
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