I prezzi dell'E-Commerce

I prezzi dell'E-Commerce

di Francesco Bordino. Comprare un cellulare in rete? Meglio di no. Un CD negli states? Nemmeno. E allora? Che fine ha fatto il B2C? Meglio aspettare tempi migliori. Sempre che arrivino
di Francesco Bordino. Comprare un cellulare in rete? Meglio di no. Un CD negli states? Nemmeno. E allora? Che fine ha fatto il B2C? Meglio aspettare tempi migliori. Sempre che arrivino


A chi conviene, oggi in Italia, fare shopping su Internet? Sicuramente a chi ha problemi di deambulazione, a chi ha fatto voto di clausura, agli speleologi o agli eremiti. Gli altri possono farne tranquillamente a meno. I prezzi online, infatti, non sono sufficientemente bassi per spingere i consumatori italiani ad un uso massiccio della rete. E’ quanto emerge da una recente ricerca realizzata nell’ambito del Grif (Gruppo di Ricerche Industriali e Finanziarie) dell’ Università “LUISS – Guido Carli” di Roma , e pubblicata sulle pagine della rivista “L’Industria”.

L’indagine, di tipo empirico campionario, ha messo a confronto i prezzi di vendita di cd e telefonini nei due diversi canali distributivi: quello tradizionale e quello online. Una ricerca scrupolosa perché basata su un elevato numero di prodotti e di negozi. I risultati hanno evidenziato generalmente scarse differenze di prezzi, ma in alcuni casi prezzi più alti online a causa delle spese di spedizione. Comprare un solo cd su Internet è un salasso, comprarne tre conviene lievemente.

Ma come lievemente? E la concorrenza perfetta dov’è? I vantaggi a cui dovrebbe portare la Rete, in materia commerciale, ancora non si vedono. Disintermediazione, basse barriere all’entrata e bassi costi operativi non stanno livellando i prezzi. Insomma: una mezza delusione.

Negli Stati Uniti i prezzi sono più bassi. Nonostante tutto. Nonostante i problemi logistici e nonostante i problemi di Amazon. In Europa ci si ostina a non capire che fino a quando la connessione a Internet si pagherà a tempo, il commercio elettronico B2C non potrà esprimere le sue potenzialità. Se i costi di informazione sono troppo alti, la libertà di scelta risulta limitata, perché il consumatore arresta la sua ricerca prima. E diventa così il bersaglio ideale per la pubblicità. Si crea un circolo vizioso per cui solo facendo grandi campagne pubblicitarie si attirano i pochi clienti della Rete, ma le campagne pubblicitarie costano e lievitano i prezzi dei prodotti.

Seguono altri problemi, altre barriere che fanno pensare a tempi lunghi per una reale diffusione dell’e-commerce: è legittimo il disagio di coloro che, per la prima volta, immettono il numero della propria carta di credito nel cyberspazio. Chi non ricorda i 300.000 numeri di carte succhiati dal sito della CD Universe? Assolutamente inutile, in questo caso, sottolineare che si può sempre pagare in contrassegno. L’immediatezza della transazione è la caratteristica principale del commercio elettronico, ciò che lo distingue nettamente dalle vendite per corrispondenza.

E poi: eccetto il caso che si vendano prodotti di lusso, sui quali le spese di spedizione appaiono ininfluenti, la localizzazione delle aziende ha ancora una grande importanza. Il successo di CHL , meriti organizzativi a parte, ne è certamente un chiaro esempio. La sede a Firenze è in posizione ottimale per le consegne in tutta Italia, a costi contenuti. Ma ci limitiamo all’Italia. Se usciamo dai confini, ai costi di spedizione dobbiamo sommare eventuali dazi doganali e confusioni per le diverse normative in materia di IVA. Non è un caso che alcuni siti statunitensi non esportino oltreoceano perché fisco e tempi di spedizione metterebbero i propri prodotti fuori mercato.

Un’altra recentissima indagine compiuta da American Express, su un campione di dieci paesi del mondo – Italia compresa – dimostra che l’84 percento degli intervistati preferisce lo shopping tradizionale dove si può vedere che cosa si compra e si può contrattare con un essere vivente. E’ anche molto alta la richiesta di maggiori informazione sulla sicurezza e la tutela della privacy, e sulla qualità dei servizi come la possibilità di restituzione di prodotti insoddisfacenti. E soprattutto le percentuali confermano inesorabilmente che chi compra online preferisce nettamente i siti più famosi, quelli con un “brand” ben conosciuto. Meglio se esistente anche nel mondo fisico, e dove già si ha comprato qualcosa.

Insomma, per chi sperava che il commercio elettronico potesse seguire gli stessi tempi di penetrazione della rete (5 anni per raggiungere 50 milioni di utenti, contro i 35 del telefono) è ora di rassegnarsi ed aspettare. Forse la nuova direttiva europea per un quadro giuridico dell’e-commerce nel mercato interno e le nuove tariffe flat per le connessioni a Internet daranno qualche segnale di schiarita.

Francesco Bordino

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Pubblicato il
4 nov 2000
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