Intel, sbloccare ha un prezzo

Intel, sbloccare ha un prezzo

Il chipmaker di Santa Clara sperimenta con modalità di commercializzazione alternativa per le caratteristiche avanzate dei suoi nuovi processori. Che sono da sbloccare con schede di upgrade da comprare a parte
Il chipmaker di Santa Clara sperimenta con modalità di commercializzazione alternativa per le caratteristiche avanzate dei suoi nuovi processori. Che sono da sbloccare con schede di upgrade da comprare a parte

E dopo il debutto del “software-come-servizio” a opera di Google e sodali, ecco ora arrivare il business dell’hardware parcellizzato da sbloccare un tot ogni 50 dollari. Sperimenta il peculiare – e parecchio discusso – modello di business Intel, che senza particolari fanfare ha avviato la commercializzazione delle “Upgrade Card” per processori Pentium G6951 (dual-core a 32 nm basato su microarchitettura “Westmere”) presso gli store della catena Best Buy.

Il suddetto processore a 32 nanometri integra di suo una cache di terzo livello da 1 Megabyte e il supporto alla tecnologia HyperThreading per il raddoppio dei thread logici eseguibili in contemporanea (e il conseguente raddoppio dei core riconosciuti dal sistema operativo), ma su certi modelli computer le due tecnologie sono state artificialmente disattivate e necessitano dell’acquisto della succitata Upgrade Card da 50 dollari per essere “sbloccate” dall’utente.

La scheda di aggiornamento fornisce appunto l’accesso a un software Intel che si incarica di sbloccare il processore. E se il costume di vendere componenti hardware sotto-potenziate non è certo una novità, la sperimentazione di Intel – che non a caso viene gestita con particolare discrezione dal chipmaker – fa discutere per le possibili implicazioni che una simile pratica avrebbe se adottata in seno all’intera industria informatica.

Il mercato dell’hardware è infatti di quelli “maturi” dove i margini di guadagno sono sempre più ridotti, e la possibilità di salassare l’utente-consumatore per ogni singolo aggiornamento – che si tratti di un upgrade al firmware, dell’accesso a una maggior quantità di memoria video della GPU o a funzionalità computazionali avanzate come nel caso del Pentium G6951 di Intel – farebbe certamente gola a produttori e distributori grandi e piccoli.

Dopo l’industria del software invaghitasi delle promesse delle nuvole telematiche e quella videoludica che vorrebbe parcellizzare persino le scene di intermezzo in computergrafica , anche l’hardware prova dunque a far passare l’idea che chi acquista un prodotto non ha alcun diritto di considerare quello stesso prodotto di sua esclusiva e privata proprietà . Un simile business va protetto con misure adeguate e le Upgrade Card Intel non apparirebbero nient’altro che un DRM implementato a livello di hardware, sostiene Cory Doctorow su BoingBoing .

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
20 set 2010
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