Italia, la privacy e l'intelligence si parlano

Italia, la privacy e l'intelligence si parlano

Sull'onda del Datagate in Italia si rispolverano i poteri del Garante sulla Privacy, mentre in Brasile la rabbia contro lo spionaggio statunitense spinge il governo a prendersela con le nuvole
Sull'onda del Datagate in Italia si rispolverano i poteri del Garante sulla Privacy, mentre in Brasile la rabbia contro lo spionaggio statunitense spinge il governo a prendersela con le nuvole

Il Governo italiano ha annunciato un accordo siglato tra Garante della Privacy e l’ambasciatore Giampiero Massolo, Direttore generale del DIS (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza): l’idea sponsorizzata dal Governo Letta, che ha ospitato le parti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è quella di far sentire tutelati i cittadini nonostante le voci che imperversano relative ad un possibile coinvolgimento dell’Italia nello scandalo internazionale Datagate.

Come sottolinea il Garante della Privacy Antonello Soro: “Il Protocollo costituisce, da parte del Governo, una risposta importante alla domanda di più puntuale tutela dei dati personali dei cittadini”. Anche perché, continua, “Le recenti vicende legate al Datagate dimostrano che esiste uno straordinario bisogno di spostare, nel mondo, il baricentro dell’asse sicurezza-privacy nella direzione di una più decisa tutela della riservatezza, che è dimensione ineludibile della libertà e della dignità della persona”.

Dal sito del Governo si legge che il protocollo biennale rappresenta un ulteriore passo avanti verso quella “trasparenza del Comparto Intelligence indicata dalla legge 124, per una cultura della sicurezza partecipata”. E ricorda, d’altronde, come il Garante per la Privacy avesse già poteri di controllo, insieme al Copasir e all’Autorità giudiziaria, sull’intelligence .

Lo stesso direttore del DIS sottolinea come non si tratti di un “provvedimento emergenziale ma che dà attuazione efficace e concreta a quello che era già previsto nel nostro ordinamento”. Infatti, la normativa distingue l’Italia da Gran Bretagna e Stati Uniti per una ragione fondamentale: mentre i comportamenti di NSA e GCHQ sembrano poter rientrare in un quadro di legalità nei rispettivi ordinamenti, nel Bel Paese l’ art. 58 del Codice della Privacy conferisce specifici poteri al Garante rispetto all’operato dell’intelligence.

Anche per questo, oltre che per la complessità e confusione – come risulta da alcuni dei documenti divulgati da Edward Snowden e dalle elaborazioni dai media – del quadro dei servizi segreti italiani agli occhi dei dirimpettai stranieri, l’intelligence nostrana non sembra essere stata chiamata in causa e coinvolta da USA e Regno Unito nelle operazioni di spionaggio internazionale.

Il nuovo protocollo, insomma, sancisce forme di collaborazione tra le parti, con l’intelligence che può chiedere la consulenza del Garante in materia di privacy, e “richiama le modalità di esecuzione degli accertamenti del Garante nei confronti delle Agenzie di Informazione e prevede la comunicazione al Garante del piano ricognitivo degli archivi informatici cui il Dis e le Agenzie hanno accesso ai sensi dell’art. 13, comma 2 della legge 124 del 2007, e le acquisizioni di dati effettuate in attuazione dell’art. 11 della direttiva sulla sicurezza cibernetica, laddove abbiano comportato l’identificazione dell’interessato da parte delle Agenzie di informazione”.

Una prima lettura, insomma, sembra inscrivere il protocollo nell’ottica di una raccolta di atti normativi già vigenti e di un’intesa a collaborare da parte di Garante e comparto dell’intelligence . Ciò anche se alcuni punti appaiono di più difficile comprensione: se, per esempio, per “piano ricognitivo degli archivi informatici” da parte delle Agenzie di Informazione si intenda la comunicazione dettagliata di come e dove l’intelligence accede ai dati, e ancora quali siano i casi in cui le acquisizioni di dati “abbiano comportato l’identificazione dell’interessato”.

Peraltro, a tutela della riservatezza delle informazioni dell’intelligence, gli atti così trasmessi saranno custoditi segretamente dal Garante: insomma, i servizi rimarranno segreti, ma dovranno comunicare all’Authority come, dove e quando accederanno a dati sensibili.

Mentre in Italia, dunque, la risposta alle paure del Datagate è il rispolverare e tirare a lucido una normativa già esistente, Washington cerca di aprire un canale di comunicazione con Bruxelles attraverso il rappresentante del Wisconsin Jim Sensenbrenner, che rassicura circa la protezione della privacy degli stranieri nella nuova riforma legislativa proposta. Uno dei paesi maggiormente colpiti dalle intercettazioni a stelle e strisce, il Brasile, reagisce invece indignato protestando ufficialmente anche presso le Nazioni Unite e mettendo in cantiere una riforma della normativa sulla privacy legata a quella relativa ad Internet e ai diritti online. Tramite di essa – in particolare – le aziende internet locali saranno obbligate a conservare nel paese le informazioni personali dei clienti brasiliani: una situazione che costringerebbe a rivedere la struttura di coloro che si affidano alla memoria in the cloud .

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
12 nov 2013
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