Kentucky, le URL non sono videopoker

Kentucky, le URL non sono videopoker

Non si possono sequestrare, non si possono sottrarre ai netizen di tutto il mondo. I domini Internet del gioco d'azzardo sgradito allo stato americano non verranno rimossi dalla rete
Non si possono sequestrare, non si possono sottrarre ai netizen di tutto il mondo. I domini Internet del gioco d'azzardo sgradito allo stato americano non verranno rimossi dalla rete

I cittadini del Kentucky possono tornare a sollazzarsi con il gioco d’azzardo online: i domini Internet non sono macchinette mangiasoldi che si possano prelevare, caricare su un muletto e chiudere in un magazzino per mettere al sicuro i cittadini.

Casinò online Era stato il governatore Steve Beshear a denunciare la presenza di siti che consentivano ai cittadini dello stato americano si investire denaro in gioco d’azzardo non autorizzato dallo Stato: si era così rivolto ad un tribunale, e il giudice Thomas Wingate aveva accordato il sequestro di 141 URL. Non si trattava di un sequestro del traffico degli utenti, dirottati, come avviene in Italia , verso pagine che attentino agli affari degli operatori che hanno ottenuto una licenza dallo Stato: le forze dell’ordine avrebbero dovuto sequestrare i domini , così come sequestrano videopoker e slot machine ospitate da locali pubblici senza alcun permesso.

Solo la gragnola di critiche è riuscita a far comprendere al giudice Wingate che alla fisicità delle macchinette d’azzardo corrisponde l’intangibilità di un dominio Internet. Il magistrato si era così scontrato con la globalità della rete e, per non sconfinare oltre la sua giurisdizione, aveva parzialmente riscritto l’ordinanza, imponendo agli operatori dei siti di installare “adeguato software o dispositivi, ad esempio blocchi geografici, che abbiano la capacità di bloccare e negare l’accesso ai loro siti online attraverso i 141 nomi a dominio della difesa ad ogni utente o consumatore localizzato entro i confini del Commonwealth of Kentucky”. Il giudice non si è dimostrato disposto a transigere oltre: chi non si fosse adeguato avrebbe dovuto subire il sequestro della URL, qualsiasi cosa ciò significasse.

Interactive Gaming Council ( IGC ) e Interactive Media Entertainment and Gaming Association ( IMEGA ), operatori del settore del gioco d’azzardo online, avevano trascinato il caso di fronte ad una corte d’appello per ribaltare la decisione del giudice Wingate. A perorare la causa degli operatori della rete, anche EFF , il Center for Democracy and Technology e la divisione del Kentucky di ACLU : avevano depositato un memoriale in cui si illustravano le dinamiche su cui si regge la rete, sottolineando come un “sequestro” che comportasse la chiusura coatta del sito andasse a ledere i diritti dell’infinità di cittadini della rete i cui governi non imponessero l’obbligo di intrattenersi con il solo gioco d’azzardo vagliato dallo stato.

La corte d’appello ha valutato l’ordinanza del giudice Wingate, ha esaminato il caso, ha decretato che i domini non possano essere soggetti a sequestro . “È poco credibile – osserva la corte – arrivare alla conclusione che una serie di numeri, o un indirizzo Internet, possano costituire una macchina o un dispositivo meccanico o altro che sia progettato principalmente per l’uso in connessione con il gioco d’azzardo”. La corte ha altresì suggerito che il legislatore potrebbe tentare di mettere mano al quadro normativo per ampliare la definizione di “dispositivo per il gambling” in modo che copra anche i domini Internet.

Ma il Commonwealth del Kentucky si è rivolto alla Corte Suprema per ottenere un nuovo ordine di sequestro. Se il tribunale confermasse il parere della corte d’appello, il legislatore potrebbe agire per stiracchiare il quadro normativo. E tentare di privare i cittadini della rete di tutto il mondo della libertà di scialacquare come meglio ritengono opportuno.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
23 gen 2009
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