La garanzia: come ti inchiodo il rivenditore

La garanzia: come ti inchiodo il rivenditore

Le nuove normative aumentano la tutela del consumatore ma pongono il rivenditore di prodotti informatici tra incudine e martello, mentre il produttore straniero semplicemente si defila. L'inchiesta di Punto Informatico
Le nuove normative aumentano la tutela del consumatore ma pongono il rivenditore di prodotti informatici tra incudine e martello, mentre il produttore straniero semplicemente si defila. L'inchiesta di Punto Informatico


Roma – La garanzia per l’acquirente esiste ed è ormai consolidata e lo è anche quella per i rivenditori, cioè di rimetterci soldi . Le proteste aumentano ogni giorno di più ma le cose non cambiano e nulla fa pensare che cambieranno a breve, non ci sono segni di volontà politica in questo senso. Perché i rivenditori si lamentano? Perché la legge italiana sulle garanzie difetta ? Basti vedere le novità introdotte dal Decreto Legislativo del 2 febbraio 2002, n. 24 : oggi è ormai acclarato che un bene che non sia “conforme” alle caratteristiche pubblicizzate debba essere sottoposto a riparazione, sostituzione, riduzione del prezzo o che il consumatore possa chiedere la risoluzione del contratto.

La popolarità della legge spinge spesso gli acquirenti a pretendere (a ragione) il reintegro del bene in tempi brevi, anche beni informatici, naturalmente, ma con una particolarità: i rivenditori al dettaglio, in questo caso, hanno a che fare con veri e propri colossi, magari stranieri , individuati come “produttori del bene” che tuttavia per legge (e purtroppo solo in via teorica) devono rispondere in solido di eventuali malfunzionamenti insieme ai rivenditori .

Di fatto, questi soggetti riescono a defilarsi il più delle volte, facendo ricadere le spese di riparazioni e sostituzioni del “bene in garanzia” soltanto sul rivenditore. Questo perché la legge italiana chiaramente inchioda il rivenditore nei confronti del cliente finale ma non il produttore .

Dalla teoria alla pratica

“Vendo un notebook di una certa marca che concede solo un anno di garanzia – spiega a Punto Informatico Roberta di Web Image – il cliente che sa dei due anni, dopo un anno e mezzo torna da me con il notebook rotto. A questo punto cosa dovrei fare secondo la legge? Aggiustargli il notebook senza spese per lui. Ed, infatti, così facciamo. Le spese oscillano: da 50 euro anche a 500 e più. Su un notebook il nostro guadagno non arriva a 100 euro, chi è nel settore sa che non mento. In questo caso noi rivenditori rimettiamo le spese di riparazione di tasca nostra , ma questo non è “rischio di impresa”. “La legge – aggiunge la rivenditrice – dice che posso rivalermi a ritroso nella mia catena distributiva… e che faccio? mi metto a far causa a tutti? Lascio immaginare le conseguenze di un’azione del genere, che all’atto pratico è impossibile”.

Secondo alcuni commercianti diverse case produttrici prima dell’entrata in vigore della legge davano già due anni di garanzia, ma con le nuove norme hanno deciso di ridurla ad un anno . Come mai? La risposta dei rivenditori è chiara: “Hanno sfruttato la grossolanità della norma e la utilizzano a loro vantaggio”. “Una legge fatta bene avrebbe dovuto obbligare tutti i produttori che volessero vendere i loro prodotti in Italia – propone ancora Roberta – a dare due anni di garanzia. Ma invece no: è più comodo scaricare tutte le responsabilità sull’anello più debole della catena… forse anche per favorire i grandi centri commerciali”.

“Un altro aspetto della questione – segnala a Punto Informatico un rivenditore siciliano – è che per il consumatore non ci devono essere costi da sostenere per la riparazione o sostituzione di un prodotto. Ma la maggior parte della merce dev’essere spedita indietro al centro di assistenza per la sostituzione, e questi costi di spedizione – a parte i rari casi in cui se li sobbarca tutti il produttore – di solito, almeno per l’andata, vanno a gravare su di noi. Quindi immaginate un prodotto che costa 24 euro al pubblico, te lo riportano perché difettoso, devi mandarlo indietro e spendere almeno 10 euro… Chi ci rimette? Noi, garantito”.

E poi bisogna fare i conti con i tempi. Perché le cose peggiorano.


“Da un po’ il problema si è amplificato – spiega a Punto Informatico Giuseppe Terenzio, di Gruppo A informatica di Roma – nella maggior parte dei casi noi dobbiamo sostituire la merce al volo o comunque in tempi decenti, altrimenti si va a finire sempre a litigare con la gente, ma i tempi d’attesa per le assistenze spesso sono lunghissimi, così dobbiamo anche anticipare un prodotto nuovo per uno che tornerà indietro spesso riparato e con la confezione rovinata , che dovrà essere venduto per usato… altri soldi persi. Immaginate tutto questo – dice rassegnato – moltiplicato per tutti i prodotti guasti che rientrano… Si fa prima ad imputarli nei costi di gestione e buonanotte”.

“Se con il tuo negozio ci deve campare una famiglia e sei onesto – questa volta a parlare è un commerciante delle Marche che conferma quanto detto dai suoi colleghi, rincara la dose ma preferisce rimanere anonimo – la merce guasta la devi cambiare . Con tutto quello che comporta: rischiare di non guadagnare abbastanza”

E sono in molti quelli che dichiarano che se potessero tornare indietro non aprirebbero mai un negozio di informatica per varie ragioni e questa della garanzia è solo una. Ma la regola non è trovare imprenditori decisi e pronti a combattere per migliorare la legge; no, in molti cercano di barcamenarsi sperando nella buona sorte e subendo lo stato di fatto.

Della problematica è stato investito l’ufficio legislativo della Confesercenti nazionale, che ha raccolto numerose lamentele che sembrano scritte con la carta carbone.

“Siamo in presenza di un esempio palese di pressappochismo della norma – sottolinea Giuseppe Dell’Aquila a Punto Informatico – il primo punto è che i produttori non sono vincolati perché la legge vale solo per i rivenditori. Tuttavia bisogna distinguere. Alcune case produttrici di prodotti informatici concedono comunque una garanzia di due anni ma è una loro iniziativa. Questa garanzia – spiega il legale della Confesercenti – viene definita convenzionale , cioè stabilita unilateralmente dal soggetto costruttore e non ha nulla a che fare con la garanzia legale . Entro certi termini, allora, nella migliore delle ipotesi, se la copertura dei vizi è di 2 anni non ci sono problemi. Quando la garanzia convenzionale non combacia con quella legale (per l’informatica in media è di un anno) il rivenditore – che ha spesso fretta di risolvere il problema del cliente – dovrà provvedere a proprie spese. A questo punto la casa costruttrice troverà mille cavilli e obiezioni per svincolarsi. Ed il commerciante non potrà fare causa ogni volta e per importi che non giustificano le spese di giudizio e di tempo”.

Il consiglio della Confesercenti è allora quello di tentare di creare un fronte comune compatto da contrapporre, per creare tavoli di contrattazione che mirino ad estendere il più possibile la garanzia convenzionale. “In alternativa i commercianti potrebbero lavorare soltanto con produttori che offrono assistenza o garanzia estesa”.
Di pressioni in campo legislativo nemmeno a parlarne. “Non sono previste modifiche all’attuale normativa -conclude Dell’Aquila – abbiamo tentato ma non abbiamo avuto riscontro. Forse perché la lobby dei produttori è più potente dei rivenditori. Oppure perché il nostro Stato non vuole adottare leggi diverse da quelle esistenti in altri paesi che potrebbero “turbare” i grandi gruppi internazionali”.

Alessandro Biancardi

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Pubblicato il 5 ott 2005
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