Lavoro IT, in India IBM impone la qualità

Lavoro IT, in India IBM impone la qualità

Non passi il test? Licenziato. Questa la politica che Big Blue sta adottando in India. Il governo: non è affar nostro
Non passi il test? Licenziato. Questa la politica che Big Blue sta adottando in India. Il governo: non è affar nostro

Il personale specializzato indiano esige trattamenti sempre più simili a quelli dei colleghi occidentali? Le università non riescono più ad assicurare la qualità nella formazione degli esperti ICT che sfornano? IBM detta le proprie regole perché l’India torni ad essere un paradiso dell’outsourcing : dentro i dipendenti che valgono, fuori coloro che non passano i test.

Una sede indiana di IBM Che l’India fosse uno snodo fondamentale per i progetti di sviluppo di IBM è noto da tempo: nel 2006 l’azienda aveva comunicato di voler investire in India 6 miliardi di dollari, a fine 2007 aveva annunciato di voler aumentare ulteriormente gli stanziamenti. Sono 73mila i dipendenti dell’azienda impiegati nelle divisioni indiane, 20mila in più rispetto rispetto alla fine del 2006.

Ma il lavoro svolto finora dal personale locale sembra non aver incontrato gli standard di qualità imposti da Big Blue: sono 700 i neolaureati assunti, addestrati nelle sedi indiane e poi licenziati in tronco. Pare siano stati sottoposti a dei test attitudinali in diverse località dell’India, una verifica di cui non sono stati informati neppure i manager dai quali i giovani impiegati dipendevano.

Le motivazioni del licenziamento? Big Blue lo ha spiegato a Economic Times imputando la manovra alla cultura aziendale, votata al massimo del rendimento, allo sviluppo del potenziale dei propri dipendenti, alla formazione e all’aggiornamento di personale dotato e qualificato. Gli sbarramenti alla carriera in IBM sono evidentemente un modo per stimolare il personale ad un impegno più intenso e costante: “Stiamo sperimentando nuovi metodi per certificare il livello delle competenze della forza lavoro, sia per offrire al cliente la garanzia di avere a che fare con personale di qualità, sia per consolidare il ventaglio di abilità personali dei nostri impiegati”.

Nulla a che vedere dunque con eventuali cali di interesse del mercato del lavoro sul fronte indiano: IBM ha precisato che l’India garantisce un terzo del fatturato globale di Big Blue e che continuerà a rappresentare un pilastro della struttura aziendale. Nuove assunzioni sono all’orizzonte, due nuove sedi daranno lavoro a tremila tecnici indiani.

Il mercato del lavoro locale resta allettante, tanto più che le autorità statali continuano a dimostrarsi estremamente elastiche: “Non sono al corrente di questi sviluppi all’interno di IBM” ha dichiarato il responsabile del settore IT per il governo del Bengala Occidentale Siddharth, precisando che le politiche aziendali non sono affari dello stato. “È una questione che riguarda solo datore di lavoro e lavoratore – ha confermato Siddharth – Lo stato interviene solo nel momento in cui le aziende decidono di chiudere”.

Non solo: lo stato interviene anche per spianare la strada alle aziende che vedono nell’India una sede appetibile, foraggiandole di un flusso costante di personale qualificato: “Il nostro scopo – spiegava lo stesso Siddharth – è quello di colmare il gap tra la preparazione dei nostri studenti di ingegneria e gli standard di competenze richiesti dall’industria”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 6 feb 2008
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