Lavoro IT/ La forza di un sindacato

Lavoro IT/ La forza di un sindacato

Qual è il ruolo dei sindacati nel comparto ICT? Quale il suo peso? Storie di vita vera: per porsi delle domande, più che per offrire risposte
Qual è il ruolo dei sindacati nel comparto ICT? Quale il suo peso? Storie di vita vera: per porsi delle domande, più che per offrire risposte

Molti si chiedono a cosa servono i sindacati e se davvero vale la pena di aderire a queste organizzazioni che, benchè siano previste perfino nella nostra costituzione, hanno perso molto del loro potere attrattivo negli ultimi anni. È opportuno chiarire che il sindacato è solo uno degli strumenti a difesa dei lavoratori; il più forte e il più efficace, ma pur tuttavia solo uno strumento e che come tale deve essere considerato.

Gli strumenti sono neutri, possono essere efficaci ed utili allo scopo, cosi come dannosi, sta alle persone che li adoperano dotarli di un accezione negativa o positiva. E accade anche che quando uno strumento è messo nelle mani di persone capaci, intelligenti e determinate questi possano produrre risultati eccezionali, talmente forti da cambiare il volto di una società intera o di una parte di essa.

Prendiamo il sindacato ad esempio, ecco qui di seguito due storie illuminanti.

Autunno 1969, l’autunno caldo

È importante conoscere la storia per capire perchè noi siamo quelli che siamo.

L’Italia del 1969 aveva qualcosa che ora la Lega vorrebbe riproporre, era un sistema di retribuzione chiusa detto Gabbie Salariali , in pratica per lo stesso lavoro si era pagati differentemente a Milano ed a Roma. Era questo il motivo per cui moltissimi partivano dal Sud per lavorare al Nord, ma le condizioni di lavoro che vi trovavano erano pessime.

Nel 1969 il mancato rinnovo di 32 contratti di lavoro e le pessime condizioni di lavoro esasperarono gli animi dei lavoratori che in centinaia di migliaia iniziarono a manifestare in tutta Italia , bloccando la produzione di molte famose fabbriche del Nord.

Questo portò alla mobilitazione della triplice sindacale del tempo ed in particolare di un suo ex componente, l’onorevole Giacomo Brodolini . Fu proprio Brodolini – segretario della CIGL nel ’50, poi vice segretario fino al 1960 – che arrivato alla carica di ministro del Lavoro sotto il governo Rumor (1968-1969) introdusse fondamentali riforme nel mondo del lavoro: il superamento delle gabbie salariali, la ristrutturazione del sistema previdenziale e l’elaborazione dello Statuto dei lavoratori .

Rischio di ripetermi, ma se oggi non siamo nelle condizioni di dover raccogliere le nostre cose in una scatola di cartone senza nessun preavviso né motivazione lo dobbiamo a Brodolini e a gente come lui. Per il suo impegno civile l’onorevole Brodolini ricevette la medaglia d’oro al valore civile.

Autunno 2000

Premessa.
Nel 1997 il governo Prodi vendette il gruppo Telecom a Colannino; non ci furono clamori di piazza, non ci furono manifestazioni, accadde e basta. La perdita per il paese fu enorme. Telecom fu venduta a meno di un quinto di quello che avrebbe potuto essere il suo reale valore. Tutto il resoconto di quel lontano 1997, quando migliaia di miliardi passarono di mano, lo potete leggere in una delle possibili ricostruzioni .

Insieme a Telecom Italia, Colannino acquisì anche tutte le aziende del gruppo le cui azioni erano possedute al 100 per cento da Telecom, tra cui Telesoft, di cui io ero dipendente all’epoca.

La Telesoft gestiva da oltre 10 anni tutti i sistemi software di tutto il gruppo SIP (poi Telecom Italia), con progetti internazionali in tutto il mondo. La qualità del software realizzato era molto elevata, grazie a un forte controllo esercitato su ogni singolo aspetto del progetto, ed era garantita dalle molte certificazioni ISO in possesso della società.

All’indomani della vendita la situazione in Telesoft iniziò a precipitare.

L’amministratore delegato, il direttore generale e il capo del personale furono sostituiti in un batter d’occhio dal nuovo CDA.

Quindi fu la volta dei dirigenti. Molti di essi erano la storia dell’azienda, conoscevano tutti ed avevano letteralmente contribuito alla costruzione della stessa, perfino supervisionando il cablaggio della rete. Il nuovo capo del personale li riunì tutti in una stanza, erano circa 20, poi si racconta che disse: “Signori, grazie del vostro supporto: quest’azienda non ha più bisogno di voi. Buona Fortuna”.

Fu cosi che in un solo rapido colpo l’azienda fu privata della sua guida. Da quel momento ogni gruppo diventò autonomo, le procedure interne furono a poco a poco tralasciate e la qualità del software peggiorò fino a quando non si decise che era inutile misurarla e si eliminò del tutto.

Era chiaro che mancava un piano industriale, l’azienda stava “navigando a vista”; nel frattempo furono assunti altri amministratori delegati, altri direttori generali, con il solo compito di gestire l’ordinaria amministrazione.

Raggiunto l’obiettivo di prendere in mano il top management , un altro obiettivo era davanti alla nuova proprietà: bisognava tagliare la voce più consistente di spesa per rendere il prodotto appetibile ai prossimi compratori. Telecom era stata comprata con i debiti e quei debiti dovevano essere pagati (6.600 miliardi di rateo annuo).

Qualcuno dall’alto forse notò che le allora nascenti new telecom company (Wind, Omnitel) avevano contratti nazionali di lavoro più vantaggiosi di quelli dei dipendenti del gruppo Telecom: vantaggiosi per la proprietà ovviamente.

La protesta dei lavoratori ad ogni possibile ipotesi di modifica del contratto fu un secco diniego. Il nuovo contratto non solamente avrebbe appiattito i livelli impiegatizi, ma avrebbe portato ad una perdita netta del 20-30 per cento di retribuzione ed un aumento dell’orario di lavoro.

Ad ogni modo i lavoratori sapevano che ogni proposta della proprietà doveva essere ratificata da loro (l’articolo 6, comma 2 del regolamento CIGL lo prevede espressamente), quindi erano sicuri che non sarebbe passata nessuna modifica al contratto. E invece accadde quello che si pensava fosse impossibile: il contratto passò!

Che cosa era successo?
Era successo che la triplice aveva firmato il contratto senza consultare preventivamente i lavoratori.

Non solo, quando fu chiesto esplicitamente di poter votare il contratto di settore la triplice si negò. I sindacati di base fecero loro un referendum consultivo ed un 75-80 per cento dei votanti bocciò l’accordo firmato dalla triplice: ma tutto questo non servì a molto, ormai la frittata era fatta.

L’azienda Telesoft si sfaldò nel giro di pochi anni . Il tasso di turnover toccò il 45 per cento. Abbassando la retribuzione da contratto, convenne a migliaia di tecnici specializzati sulle tematiche telefoniche cambiare azienda; cosa di cui le new telecom approfittarono ben volentieri, perchè cosi avevano la grande opportunità di avere specialisti IT già formati da anni di esperienza sul campo, senza dover pagare loro niente per la formazione. Ovviamente come succede in questi casi i più bravi furono i primi ad andare via, poi a poco a poco tutti gli altri.

L’ufficio del personale di Telesoft cercò da prima di fare Retention arrivando a pagare fino al doppio le persone per impedire che i progetti fallissero, poi si risolse ad assumere a più non posso giovani laureati senza esperienza per supplire alle professionalità mancanti, senza sapere che sarebbero occorsi anni prima che quei giovani fossero di qualche utilità nei progetti.

Alla fine l’azienda fu assorbita da IT Telecom nel gennaio 2003 e di quella che era un eccellenza italiana in Europa si persero persino i ricordi.

Io non so dirvi se un sindacato può essere utile od inutile per voi: so solo che esistono persone incapaci, ma furbe, che sulla pelle degli altri costruiscono le loro fortune grazie all’ignavia ed all’ignoranza di tutti noi.

Giuseppe Cubasia
Cubasia blog

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Pubblicato il 20 feb 2009
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