Le app crescono ma non pagano

Le app crescono ma non pagano

Il settore è in crescita, mentre diminuiscono le app a pagamento. Sembrano pressoché destinate a sparire, a favore di modelli freemium o free
Il settore è in crescita, mentre diminuiscono le app a pagamento. Sembrano pressoché destinate a sparire, a favore di modelli freemium o free

Quello delle app mobile è un settore in crescita: secondo Flurry Analytics solo nel 2013 l’utilizzo di app avrebbe segnato un più 115 per cento . Un record che non significa tuttavia che questa sia l’età dell’oro per gli sviluppatori.

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All’aumento dei consumi non corrisponde infatti un aumento dei ricavi: anzi, la tendenza vede sempre più protagoniste le app gratuite. A dirlo sono gli ultimi dati sfornati da Gartner, secondo cui alla grande diffusione di nuove app mobile corrisponde una possibilità di generare profitti sempre minore per gli sviluppatori. La società di analisi, addirittura, prevede che entro il 2018 il 94,5 per cento dei download sarà riservato ad app gratuite e tra quelle a pagamento il 90 per cento sarà scaricata meno di 500 volte al giorno, con introiti giornalieri inferiori ai 1.250 dollari.

Non significa però che non esista un mercato, ma che questo mercato è “iperattivo” e con caratteristiche peculiari: molto spesso l’obiettivo degli sviluppatori non è quello di far pagare l’app a tutti i suoi utenti, ma di creare attraverso i suoi titoli un’ampia rete di utenti tra cui agganciare clienti premium disposti a comprare contenuti extra. Secondo Gartner, inoltre, molte app non sono generate per creare profitto, ma sviluppate per cercare di supportare un brand specifico.

Da un lato questo genera una proliferazione di prodotti, pubblicità incrociate sulle varie app e classifiche dei negozi di applicazioni influenzate da queste logiche, dall’altro spinge alla produzione di applicazioni in grado di creare quel livello di trasversalità e quella capacità di legare a sé gli utenti: attraverso meccanismi di assuefazione o economie di rete. Un esempio della prima categoria sono tutti i giochi che riescono a rispondere efficacemente come riempi-tempo (da Ruzzle ad Angry Birds); nella seconda si possono invece elencare tutte quelle app di messaggistica che guadagnano valore con l’aumentare degli utenti, come avviene per le applicazioni che cercano di emulare il successo di Whatsapp, WeChat o Facebook Messenger e che hanno segnato la crescita maggiore (più 203 per cento).

Il risultato finale è che le applicazioni arrivano sul mercato, ma solo lo 0,01 per cento di esse può essere considerato un successo finanziario.

In un certo senso, dunque, sembra che l’ecosistema mobile delle applicazioni che secondo alcune analisi avrebbe dovuto spazzar via l’economia del gratis non abbia assolto completamente il suo scopo e, anzi, stia rientrando nel novero dei modelli economici digitali che già si sono affermati in Rete.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
14 gen 2014
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