L'insostenibile leggerezza della neutralità

L'insostenibile leggerezza della neutralità

In tempo di guerra la neutralità è un concetto astratto e complesso che necessita di trovare una nuova definizione, anche e soprattutto online.
L'insostenibile leggerezza della neutralità
In tempo di guerra la neutralità è un concetto astratto e complesso che necessita di trovare una nuova definizione, anche e soprattutto online.

Improvvisamente gli spazi della Neutralità si sono fatti angusti. Improvvisamente, dopo decenni di sofismi sulla necessità di mantenere alcuni ambiti al di fuori del posizionamento (politico, ideale, religioso), ecco che gli spazi non bastano più, le argomentazioni tracimano e le verità cerca di farsi largo con maggior violenza rispetto ad una propaganda sempre più invadente.

Non c’è più spazio per la neutralità, perché quando le bombe cadono viene a crearsi una situazione nuova, senza comfort zone da cui filosofeggiare sugli equilibri e sull’equidistanza.

Nel giro di poche settimane sono caduti come foglie secche alcuni pilastri sui quali una certa generazione è cresciuta (quella che ha visto il muro di Berlino cadere e che ora teme di vederlo ricostruito). “La Svizzera è neutrale” era diventato una sorta di proverbio, un dogma indiscutibile che invece è stato spazzato via alla prima votazione all’ONU. Google ha iniziato a punire i siti di propaganda russi e promette di estendere la portata di questo giro di vite. Facebook fa cadere le ultime resistenze e lascia che ci si sfoghi con maggior libertà contro l’invasore. Perfino DuckDuckGo, motore di ricerca che aveva costruito il proprio nome su neutralità e algoritmi bias-free, ha ceduto ed ha iniziato a punire l’informazione proveniente dalla Russia.

Ripensare la neutralità

Ma del resto il problema è diventato più ampio e profondo rispetto al solo rispetto della neutralità come modo di fare: in ballo v’è l’appartenenza ad un certo modo di essere, semmai, e tornare a distinguere più nettamente la Verità dalla non-verità diventa fondamentale. Il ministro degli esteri russo, Lavrov, ha spiegato di fronte alle telecamere di tutto il mondo che la Russia non ha invaso l’Ucraina. Nelle stesse ore la Russia ha dapprima negato che l’ospedale bombardato a Mariupol fosse pieno di civili, quindi che fosse stato attaccato del tutto, infine ha addirittura fatto trapelare dubbi circa le ricostruzioni ucraine partendo da social-rumor invece che dalle testimonianze dell’Associated Press.

Di fronte a circostanze di questo tipo, dove sta la neutralità? A cosa può appigliarsi? Su che basi di principio può essere costruita? Una neutralità immaginata sul superficiale concetto di equidistanza, infatti, premia sempre e comunque l’audacia della menzogna rispetto all’intelligenza della Verità: questa regola è impressa a fuoco sulle regole dei social network, dove una mezza bugia fa ben più strada di una complessa verità. Mentre la prima vola sulle ali dell’engagement di pancia, infatti, la seconda è gravata dal peso delle argomentazioni, del dubbio critico, della messa in discussione propria di quel metodo scientifico che già la pandemia ha fortemente messo in crisi.

L’Europa sta ora affannandosi per frenare l’indebita invasione di campo che la Russia ha sottilmente perpetrato nell’economia, nella politica, nei social media, nella pubblica opinione: questa rincorsa rischia di atterrare anche su improbabili compromessi, trascinandosi dietro errori anche grossolani, ma i consigli della fretta non sono del resto mai stati i migliori. La cosa più importante – anzi, del tutto prioritaria – è che il concetto di neutralità possa trovare nuova e più profonda definizione perché non calza più bene né sui falchi, né sulle colombe. Il pacifismo è diventato di maniera e questo dovrebbe preoccupare più di ogni altra cosa, ma è l’effetto collaterale di uno schiaffo che l’Occidente ha subito risvegliandosi improvvisamente da un decennale torpore.

La risposta c’è stata e ci si sta specchiando nella propria storia per cercare un nuovo punto da cui partire: rinnegare la guerra e armare la resistenza è un dovere che tutti sentono, ma che trafigge principi ormai secolarizzati. Una cosa è certa: occorre costruire una nuova Neutralità, basata però su un concetto di equilibrio dinamico e non soltanto come una Babele di regole marmoree che non sanno rispondere ad una attualità in continuo mutamento. Il modo in cui ci si rapporterà con i social media, la neutralità che si pretenderà dagli attori del Web ed il ruolo che le Big Tech assumeranno in questo conflitto saranno elementi preponderanti in questa riscrittura della filosofia occidentale: tweet dopo tweet, like dopo like, ognuno di noi farà la propria parte.

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Pubblicato il
11 mar 2022
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