Mac-like/Il marchio vuol dire fiducia

Mac-like/Il marchio vuol dire fiducia

di Lucio Bragagnolo. Cambiano i prodotti, cambia il modo di comunicarli al mercato, cambiano le sensazioni che suscitano. Con iMac, Apple ha creato un caso
di Lucio Bragagnolo. Cambiano i prodotti, cambia il modo di comunicarli al mercato, cambiano le sensazioni che suscitano. Con iMac, Apple ha creato un caso


Web – Questa settimana cedo la parola a un’autorità assoluta come Kevin Roberts, Ceo di Saatchi & Saatchi , una tra le prima agenzie di pubblicità e comunicazione al mondo. In un’ intervista recentemente rilasciata al mensile Fast Company, Roberts ha enunciato alcuni principi rivoluzionari che stanno cambiando il marketing e di conseguenza il modo in cui compriamo i prodotti, computer compresi. In questo, Apple ha un ruolo di avanguardia e Roberts lo ha capito piuttosto bene.

La questione è semplice: i marchi, come venivano considerati una volta, non bastano più. Per avere successo bisogna stabilire un rapporto quasi d’amore, o almeno di rispetto, con i compratori. Perché questi ultimi sono diventati cinici, selettivi, informati o desiderosi di essere informati, e concedono pochissimo tempo a chi vende per farsi convincere. Quindi vincono le emozioni intense, o la comunicazione molto veloce. Il resto perde. Senti Roberts:

“Una volta i marchi si costruivano sulle prestazioni, non sulle informazioni. Nel mondo d’oggi non esiste più un vantaggio competitivo sostenibile. Tutti sanno quello che stanno facendo gli altri e, se hai qualcosa in più, gli altri ci arriveranno tre mesi dopo. Oggi il veloce batte il lento e domani il veloce batterà il grande”.

A qualcuno sembra di sentire parlare di computer? Sono tutti uguali, chi ha qualcosa tre mesi dopo viene raggiunto e tutti sanno tutto di tutti. Come si vince? Instaurando un rapporto diverso.

“Pensa a iMac : il prodotto più sensuale dopo il vibratore. Non appartiene neanche un po ‘ a Steve Jobs. Appartiene a me. Voglio sceglierne il gusto, lo voglio amare. iMac appartiene a me e io posso sceglierne il gusto”.

Ecco perché iMac non è stato valutato sui megahertz o sul disco rigido o sul controller della scheda audio. E ‘ stato valutato come prodotto completo e perfetto così com’è. Colorato secondo i gusti di ciascuno. I colori non sono una trovata pubblicitaria. Come non lo sono per le automobili. Hanno smesso di vendere automobili non colorate nel 1920.

“Guarda iMac. Se ne hai uno sulla scrivania, la gente vuole toccarlo. Vuole coccolarlo. Nessuno fa così con il solito Pc. Siamo passati dal design degli spigoli alla sensualità dello sfioramento”.

Sensualità, quindi. E mistero. La gente, pare, vuole sapere come è fatto dentro il suo computer. Sui prodotti che si vendono da anni, come i televisori o gli impianti stereo, non interessa più a nessuno. Conta il mistero. Dice Roberts:

“Non ho idea di che prestazioni abbia iMac rispetto a un Pc. Steve Jobs non me l’ha mai detto. Invece ha semplificato la mia scelta: rosa, verde, porpora, arancio, blu. (…) Nel mio cervello di rettile la parola chiave associata a “computer” è “paura”. I computer mi spaventano. Non so neanche come funzionano. Paura.

Allora Apple mi offre un manifesto: un computer in cinque colori diversi e, sotto, una parola: “Yum”. Mistero completo. Sensualità completa. Ho detto: “Voglio quello rosa!” Perché? Perché iMac è misterioso. Posso interpretarlo come voglio e farlo mio”.

Costruttori di computer Wintel: sembra che il compratore di un Pc abbia un sacco di scelte. Invece ne ha una sola: computer senza mistero, senza rispetto, privi di sensualità, che nessun altro vuole toccare se li vede, senza colori. Quando potremo scegliere i colori dei Pc come scegliamo quello delle auto?

Compratori di computer Wintel: sicuri che la scelta sia obbligata? Sicuri che contino solo i megahertz? Quello che si pensa essere un grande vantaggio, una cosa in più, quello che gli altri non hanno, ce lo avranno tutti dopo tre mesi. Forse conta di più poter scegliere un colore. Avere un oggetto che senti tuo. Da interpretare come vuoi. Sicuri?

Lucio Bragagnolo

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Pubblicato il
7 dic 2000
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