Meta, continua la causa per violazione del copyright

Meta, continua la causa per violazione del copyright

Giudice americano non archivia la causa degli autori che accusano Meta di violazione del copyright per l'addestramento idei suoi modelli AI.
Meta, continua la causa per violazione del copyright
Giudice americano non archivia la causa degli autori che accusano Meta di violazione del copyright per l'addestramento idei suoi modelli AI.

Immaginiamo di essere uno scrittore. Di aver sudato sette camicie per dare vita alla nostra opera, di averci messo l’anima. E poi scopriamo che un colosso tech l’ha usata per addestrare la sua intelligenza artificiale, senza chiedere il permesso né pagare un centesimo… brutto, eh?

È esattamente quello che sostengono Richard Kadrey, Sarah Silverman, Ta-Nehisi Coates e altri autori che hanno fatto causa a Meta. L’accusa? Violazione del copyright. La prova del crimine? I modelli di AI Llama, che secondo loro sarebbero stati nutriti con i loro libri, dopo aver rimosso le informazioni sui diritti d’autore.

Il giudice dà il via libera (ma non su tutto)

Meta si difende invocando il fair use e contestando agli autori il diritto di fare causa. Ma il giudice federale Vince Chhabria non ci sta. Nella sentenza di venerdì, dà il via libera alla causa per violazione del copyright, bollandola come un danno concreto. E riconosce che gli autori hanno portato prove sufficienti per sostenere che Meta abbia intenzionalmente rimosso le informazioni sul copyright per coprire le sue tracce.

Insomma, per il giudice Kadrey e soci un punto l’hanno portato a casa. Ma non su tutta la linea. Chhabria, infatti, ha respinto le loro accuse sulla violazione della legge californiana sulla privacy informatica. Il motivo? Gli autori non hanno dimostrato che Meta abbia messo le mani sui loro computer o server, ma solo sui loro dati (cioè i libri).

Intanto, la causa sta già sollevando il velo su come Meta gestisce la spinosa questione del copyright nell’era dell’AI. Dalle carte depositate dagli autori emergono dettagli succosi. Tipo che Mark Zuckerberg in persona avrebbe dato il via libera al team Llama per usare opere protette da copyright per l’addestramento. O che altri membri del team avrebbero discusso dell’uso di contenuti “legalmente discutibili” per far imparare l’AI.

Quella tra Kadrey e Meta è solo una delle tante battaglie legali in corso sui diritti d’autore nell’era dell’intelligenza artificiale. Anche il New York Times, per dire, ha portato OpenAI in tribunale. Insomma, la partita è appena iniziata e promette scintille.

Diritto d’autore vs intelligenza artificiale

Ma al di là dei singoli casi, la domanda di fondo è: come conciliare il sacrosanto diritto degli autori a vedere tutelate le loro opere con le esigenze di un’intelligenza artificiale che per evolversi ha bisogno di “nutrirsi” di dati a più non posso?

Se le big tech potessero usare qualsiasi opera senza chiedere permesso né pagare il dovuto, gli autori si vedrebbero espropriati delle loro creazioni e dei legittimi guadagni. Ma se mettessimo troppi paletti all’uso delle opere per addestrare l’AI, rischieremmo di frenare l’innovazione.

La sfida è trovare un nuovo punto di equilibrio. Un patto tra diritto d’autore e intelligenza artificiale che garantisca agli autori il giusto riconoscimento e compenso, ma che non leghi le mani al progresso tecnologico.

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Pubblicato il
9 mar 2025
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