Non si usa LinkedIn per vendere: parola del Garante

Non si usa LinkedIn per vendere: parola del Garante

Il Garante Privacy ha ammonito una agenzia immobiliare che ha proposto su LinkedIn i propri servizi andando oltre le prerogative del social network.
Non si usa LinkedIn per vendere: parola del Garante
Il Garante Privacy ha ammonito una agenzia immobiliare che ha proposto su LinkedIn i propri servizi andando oltre le prerogative del social network.

Quando si agisce all’interno di una piattaforma social, occorre utilizzare la stessa secondo quelle che sono le finalità univoche per cui la piattaforma opera. Sono dunque le condizioni di utilizzo del servizio a stabilire ciò che si può e non si può fare. Tuttavia in alcuni casi il concetto è border line e gli interessi possono facilmente portare a deviazioni o forzature finalizzate a sfruttare le potenzialità dei social per finalità terze. Il Garante Privacy, intervenendo su un caso specifico, ha tuttavia messo in luce la discriminante che deve valere in questi casi: non tanto le libertà individuali dell’utente che intende sfruttare la piattaforma per finalità proprie, quanto le libertà degli utenti che intendono sfruttare la community secondo quelle che sono le specificità del social stesso.

Quando si parla di LinkedIn, però, il confine è più labile? Non secondo il Garante, il cui intervento andrebbe probabilmente ben analizzato e compreso da molti operatori che in LinkedIn hanno individuato da tempo ben di più che non un mero luogo di relazione.

Sembrava relazione, invece era spam

Il caso sul quale è dovuto intervenire il Garante per la Protezione dei Dati Personali è relativo ad una agenzia immobiliare che, proprio sfruttando il social network professionale, ha proposto i propri servizi alla proprietaria di un immobile. Un semplice tentativo di creare una relazione, oppure vendita di un servizio? Il confine è ben più labile di quanto non si possa immaginare, ma il Garante ha voluto mettere un punto sulla vicenda:

In tale contesto non ha alcuna rilevanza il fatto che il profilo di un utente sia aperto o meno a ricevere contatti da parte di altri utenti del social. Ciò che conta è la finalità – in questo caso promozionale – per cui il messaggio è stato inviato, finalità che è in contrasto con quella prospettata nelle condizioni contrattuali di adesione al social network.

Quante volte su LinkedIn hai ricevuto proposte non desiderate o richieste di collaborazioni finalizzate alla vendita di un servizio o prodotto? Quante volte una relazione di natura professionale ha nascosto il tentativo di vendere collaborazioni, corsi o contenuti? LinkedIn per sua natura vive in una zona di mezzo dove non sempre è facile interagire senza mettere in campo vendite, affari, partnership, collaborazioni, formazione e quant’altro: sapere che l’agenzia in questione ha dovuto ricevere una ammonizione in virtù di una lunga serie di attenuanti, tuttavia, deve fare riflettere:

L’Autorità ha ritenuto la misura sufficiente e proporzionata, considerando il fatto che si tratta di una piccola impresa, esposta alla crisi economica causata dalla pandemia, che non risultano ulteriori procedimenti a suo carico e che si è trattato di un solo contatto diretto alla reclamante.

Solo una ammonizione, ma non gratis: “L’agenzia ha comunque dovuto subire una sanzione di 5.000 euro per non aver fornito riscontro alle reiterate richieste di informazioni del Garante, rendendo necessaria la notifica tramite il Nucleo speciale privacy della Guardia di Finanza“.

Tutti coloro i quali usano quotidianamente LinkedIn agendo ai limiti di quelle che sono le prerogative relazionali del social network ora sanno cosa potrebbe accadere. Andare su LinkedIn per vendere, infatti, non è relazione: è spam.

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Pubblicato il
6 ott 2021
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