Patent Troll, riforma bloccata

Patent Troll, riforma bloccata

La legge che avrebbe dovuto mettere i bastoni tra le ruote a chi approfitta dei brevetti si arena. Nonostante il supporto di molte aziende ICT. Rischia di danneggiare anche i legittimi detentori di proprietà intellettuale?
La legge che avrebbe dovuto mettere i bastoni tra le ruote a chi approfitta dei brevetti si arena. Nonostante il supporto di molte aziende ICT. Rischia di danneggiare anche i legittimi detentori di proprietà intellettuale?

Il Senatore Democratico Patrick Leahy, attuale chairman del Senate Judiciary Committee , ha bloccato la riforma che avrebbe dovuto fermare i patent troll. Dopo un anno di discussione, secondo il presidente della commissione non vi sarebbe un accordo “su come combattere la minaccia dei patent troll” senza danneggiare i legittimi detentori di brevetti e le università : per questo ha tolto l’argomento dall’agenda politica fin quando non ci sarà un qualche risultato migliore.

Il lungo viaggio della legge anti-troll sembrava vicino alla conclusione lo scorso dicembre, quando l’ House of Representatives aveva votato a favore della proposta di legge chiama Innovation Act e che prevede una serie di misure atte a scoraggiare le denunce in ambito brevettuale: la legge prevede in particolare l’obbligo di condividere la tecnologia di cui si contesta la violazione, semplifica la procedura di unificazione dei fori di competenza e offre maggiore possibilità di ottenere il pagamento delle spese legali da parte dell’accusato.

Delusi i sostenitori della riforma, di cui EFF ha raccolto le rimostranze, nonché le aziende tecnologiche che ad aprile si erano riunite in un folto gruppo che includeva anche Apple, Facebook, Google e Microsoft e che chiedeva di approvare la legislazione anti-troll. Il fronte non è tuttavia compatto: le aziende farmaceutiche e biotecnologiche sembra siano contrarie, così come alcune università.

Secondo Leahy se com questa legge si finisse di bloccare completamente le cause legali del settore, si rischierebbe – come si suol dire – di buttare il bebé con l’acqua sporca impedendo anche ai legittimi autori dell’innovazione di difendere i propri diritti. Uscendo da una logica manichea di bene contro patent troll, d’altronde, è molto difficile intervenire su una materia che vede coinvolte aziende molto grandi, startup o enti di ricerca come quelli ospitati nelle università : molto diverse le esigenze e le possibilità in ambito legale di ognuna di esse.

A insospettire gli interessati alla legge anti-troll, peraltro, il fatto che il Senatore Leahy si fosse già distinto come principale sostenitore del Preventing Real Online Threats to Economic Creativity and Theft of Intellectual Property Act (PROTECT IP), una proposta legge del 2011 che rafforzata i poteri dei detentori di diritto d’autore nei confronti dei siti ritenuti in violazione dei propri contenuti.

Sembra d’altronde un’urgenza trovare un nuovo equilibrio sulla questione dei cosiddetti patent troll, quelle entità commerciali che non producono o non vendono alcun prodotto specifico ma hanno un discusso metodo di business basato su aggressive strategie legali, volte all’ottenimento di royalty o altre compensazioni per la loro proprietà intellettuale acquisita da altri. Non solo perché l’amministrazione del Presidente Obama ha fatto di tale intervento il proprio cavallo di battaglia delle riforme brevettuali, ma anche perché il settore appare esasperato da tali spietate strategie che rischiano seriamente compromettere le opportunità di sviluppo tecnologico.

Cartina di tornasole è la risposta del CEO di Life360, nuova startup che vorrebbe offrire un servizio di social network dedicato alle famiglie, alla richiesta di pagamento di 50 milioni di dollari da parte di ADT per una presunta violazione prevettuale: “Cari p**** di m****, stiamo esaminando la vostra accusa attentamente per cui non potremmo rispettare la vostra cortese scadenza. In attesa di una pronta risposta da parte nostra, pregherò affinché stanotte il karma sia reale e si riprenda da voi quel che merita”.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 23 mag 2014
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