Pirateria, il mercato si difende da solo

Pirateria, il mercato si difende da solo

di Leonardo Maccari (leonardo.lilik.it) - La fruizione converge sul digitale, così come converge il mercato dell'intrattenimento. Che non è così in crisi come potrebbe sembrare. Ha senso blindare il diritto d'autore? I dati su cui meditare
di Leonardo Maccari (leonardo.lilik.it) - La fruizione converge sul digitale, così come converge il mercato dell'intrattenimento. Che non è così in crisi come potrebbe sembrare. Ha senso blindare il diritto d'autore? I dati su cui meditare

Tutte le volte che inizia una discussione su Internet e nuovi media si parte dal presupposto che il mercato dei media sia in crisi. Si sentono sempre più spesso gli allarmi di discografici, editori e testate che parlano di calo delle vendite e crollo del mercato, da ben prima che iniziasse la crisi mondiale degli ultimi mesi.

Qualsiasi tipo di intervento il comitato promosso dal governo decida di compiere, quello che un cittadino vorrebbe è che ci si basi su dati certi ed affidabili, piuttosto che su allarmi pubblicati sui giornali dalle parti in causa. Bisogna ricordarsi infatti che il diritto d’autore, in tutti gli ordinamenti, è considerato un male minore , ma sempre un male. Non sapendo come remunerare gli autori per opere che sono molto facili da copiare, è da circa 300 anni che si è deciso che la soluzione più efficace è quella di garantire per legge agli autori stessi il monopolio di copiare le proprie opere. Un monopolio, si sa, è qualcosa che non fa bene a nessuno tranne che a chi lo controlla: rende i prezzi più alti, limita le libertà personali, distorce il mercato, frena l’innovazione. Questo si applica al diritto d’autore come al resto dei settori ed è fondamentale che chi fa le leggi si ricordi che tutte le volte che si rende più forte la tutela del diritto d’autore si tolgono diritti alla collettività. Quindi, è molto importante che ogni decisione che va in questa direzione sia sempre basata su dati oggettivi e condivisi.

Alcuni dati, in effetti, esistono e l’Istituto di Economia dei Media della Fondazione Rosselli tutti gli anni si prende la briga di riassumerli e interpretarli, commissionando il lavoro a professori e ricercatori di varie università italiane. Il risultato è ” L’industria della comunicazione in Italia “, il cui volume 2009 è appena stato presentato. Nel libro sono contenuti i dati di vendita ed i fatturati di tutti i settori coinvolti nella comunicazione: musica, cinema, home video, televisione, radio, carta stampata, fino ai dati di penetrazione di telefonia e della banda larga. Sono il punto di partenza ideale per chi vuole realizzare un’analisi seria sul mondo dei media in Italia.

Cominciamo con l’analizzare il settore che di più sale agli onori della cronaca, il mercato della musica registrata: nel grafico qui sotto ne riporta l’andamento tra il 2001 e il 2006.

musica registrata

I dati provengono da diverse fonti, FIMI e IFPI (associazioni di categoria), la rivista Musica&Dischi e la SIAE. La differenza tra questo ultimo dato e gli altri è giustificato dal fatto che la SIAE non sa quali siano i dati di vendita, ma solo il numero di bollini che vengono apposti sui CD. Qualsiasi dato si guardi, il mercato non ride, anzi è in netto calo per tutto il periodo.

Volendo guardare i dati di vendita di un altro mercato tra quelli che si definiscono tradizionali , vediamo come se la cava la carta stampata. I libri, ad esempio, sono passati da un fatturato di 3499 milioni di euro del 2003 ad uno di 3670 milioni nel 2006, un incremento molto lieve, sotto la crescita dell’inflazione. I quotidiani, sono passati da un fatturato di 3499 milioni nel 2004 ad uno di 3607 nel 2007, seguendo un trend simile. Questi dati mostrano un settore in una fase di forte rallentamento, quando non di netta decrescita, quindi giustificherebbero l’attenzione che si sta dando al problema della pirateria che viene visto come la causa prima di questo declino.

Quello che bisogna chiedersi a questo punto è se ha senso continuare a considerare il mercato dei media come una somma di mercati separati che non si influenzano a vicenda. L’esperienza comune ci dice che la risposta è semplicemente no , perché il digitale ha unito i mezzi di fruizione delle opere dell’ingegno. Mentre prima usavamo uno strumento per guardare la televisione, uno per ascoltare la musica, uno per ricevere informazioni ecc., oggi gli strumenti sono promiscui e multiuso. Non ha alcun senso quindi vedere un mercato per volta se si vuole sostenere che il settore dell’ intrattenimento è in crisi. E allora vediamoli tutti insieme i dati del settore, mettendoci dentro televisione, radio, cinema, musica, libri, home-video, quotidiani, periodici, videogiochi, pubblicità su Internet e mobile content (contenuti per cellulari).

totale mercato

Vista da qui la situazione sembra molto meno grave. Il mercato negli ultimi venti anni ha visto un incremento deciso e continuo. Se alcuni di questi settori possono sembrare eterogenei, vediamo degli spaccati di aree più vicine tra loro. Nella prossima immagine sono riportati i dati di quelli che vengono chiamati nuovi media.

new media

I dati, almeno ai miei occhi, sono piuttosto sorprendenti. Il mercato dei dischi, lo abbiamo gia detto è in calo da qualche anno. Il mercato dei videogiochi è sostanzialmente in crescita, anche se con un andamento altalenante, mentre la sorpresa più grande è quella dei cosiddetti mobile content ovvero tutti i contenuti scaricabili sui cellulari come suonerie, video, software. Questa ultima voce vale più di un miliardo di euro, quasi tre volte il valore della musica.

L’ultimo grafico che consideriamo prende in analisi i dati degli audiovisivi . Anche questo comparto, per chi come me non è un esperto del settore, riserba sorprese. Primo tra tutti, il cinema non se la passa tanto male, più che i numeri del fatturato (che risentono delle sorti alterne dei finanziamenti pubblici), è interessante sapere che il numero dei biglietti venduti è in aumento, così come il numero di sale. Evidentemente la gente non si è disaffezionata al grande schermo. I dati che fanno più impressione sono quelli che riguardano gli home-video e le pay-tv. Anche in questo caso i due mercati si intrecciano, è piuttosto evidente che chi spende decine di euro al mese per una pay-tv di cinema probabilmente rinuncia a qualche noleggio o acquisto. La loro somma però è in costante crescita, quasi dieci volte il mercato della musica.

audiovisivi

Tiriamo le fila di quanto visto fino ad ora: rispetto al 2001, l’anno in cui il mercato dei CD comincia a decrescere, l’italiano medio spende molti più soldi in pay-tv, noleggio ed acquisto di home video, il numero di persone che vanno al cinema è cresciuto, i contenuti per cellulari hanno aperto un mercato del tutto nuovo rispetto a qualche anno fa. Non è assolutamente sorprendente che alla fine del mese si rinunci ad un bene come la musica.

Torniamo alla pirateria. Su una rete P2P ci sono film, videogiochi, musica, è altrettanto facile scaricare un disco di Britney Spears che un film di Brad Pitt ma il risultato che questi settori conseguono è del tutto diverso. La musica come abbiamo visto è in calo, gli audiovisivi dal 2001 hanno quasi raddoppiato il fatturato. Perché quindi dobbiamo pensare che la crisi della musica sia tutta causata dalla pirateria? Bisogna ricordarsi che combattere la pirateria significa dare più protezione al diritto d’autore, che automaticamente rende ancora più protetti dei monopoli che già esistono. Prima di prendere qualsiasi iniziativa in questa direzione c’è bisogno di giustificare attentamente le proprie scelte. Parlando di monopoli, poi, salta agli occhi una situazione degenere che si verifica in Italia ma anche all’estero: il mercato della musica è in mano a pochissimi nomi, quattro per la precisione. I tre quarti del fatturato infatti sono in mano alle 4 major del disco (Universal, BMG, EMI e Warner). Non è un caso, lo stesso fenomeno si verifica nella televisione, nella carta stampata e nel cinema. In tutti questi settori un numero di aziende che si contano sulle dita di una mano prendono una quota enorme di mercato creando dei veri oligopoli. Senza sorpresa poi si nota che anche tra un settore e l’altro i nomi sono sempre gli stessi: Fininvest ad esempio controlla Mediaset, Mondadori, Medusa film, tutti campioni d’incasso nei propri settori, la RAI è sparsa tra televisione, radio, cinema, RCS controlla radio e quotidiani di successo, come il gruppo L’Espresso. Non voglio appesantire troppo questo articolo ma i più curiosi possono trovare dei dati più precisi su questo post o in questa presentazione .

Concludendo, sono sicuro che molti di voi non sono sorpresi, tutto quello che ho descritto fino ad ora è la percezione comune di tutti quelli che si sono fermati a ragionare su questo tema per più di dieci minuti. Sappiate che i numeri (che sono a disposizione di tutti) vi danno ragione. Ora sarebbe interessante capire perché un mercato che si difende benissimo da solo da qualsiasi forma di concorrenza e che nel complesso non si può dire in crisi, abbia bisogno di ulteriori attenzioni da parte del nostro parlamento.

Leonardo Maccari
http://leonardo.lilik.it

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Pubblicato il
13 feb 2009
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