La retorica di Brunetta contro i fannulloni non è mai venuta meno, ma se negli anni passati si era scagliata contro i più giovani, oggi si scaglia contro i dipendenti in smart working. Non che ci fossero dubbi in proposito: Renato Brunetta, infatti, non ha mai fatto mistero della propria opposizione al lavoro agile poiché viziato dai comportamenti poco corretti di troppi dipendenti della PA. La pandemia opponeva però precise condizioni e dal ministro non giunsero che sparute stilettate, senza mai portare l’affondo come invece successo più direttamente in queste ore.
Fannulloni!
L’occasione è quella di una intervista a SkyTG24, dove Renato Brunetta ha tolto i freni e si è lanciato in un nuovo j’accuse:
Lo smart working? Piuttosto che chiusi a casa, con il telefonino sulla bottiglia del latte a fare finta di fare smart working, perché diciamocelo a far finta di lavorare da remoto, a parte le eccezioni che ci sono sempre: vaccini, vaccini, vaccini. E presenza con una migliore organizzazione del lavoro
Secondo Brunetta, insomma, non c’è alternativa al lavoro in presenza: restare a casa significa non essere allineati con i ritmi dell’ufficio, significa nascondersi dietro un dispositivo mobile ed eludere i propri doveri nei confronti del datore di lavoro.
Una cosa è certa, e in questo Brunetta coglie nel segno: lo smart working non è possibile in assenza di un rapporto fiduciario che consolidi l’intesa tra le parti e consenta a comunicazioni, task e coordinamento di fluire nel migliore dei modi. Al tempo stesso le parole di Brunetta non costruiscono certo un clima fiduciario ideale, chiarendo come la fiducia nei confronti dei dipendenti della PA sia per lui tramontata da tempo (appoggiato in ciò da non pochi dirigenti in difficoltà nel dover gestire questo periodo di pandemia tra le maglie burocratiche di una PA dall’organizzazione spesso bizantina e caotica).
Non appena la pandemia avrà allentato la sua morsa, insomma, per il ministro non ci sono dubbi: “vaccini e presenza” e nessuno potrà più a nascondersi dietro lo smart working. “Fannulloni!“
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Lo smart working imporrebbe un qualche tipo di verifica sulla qty e quality del lavoro svolto, mentre la semplice presenza può fare da alibi... "sono presenti al 99% quindi tutto ok" quindi non serve controllare quanto lavoro viene fatto realmente. Ma il controllo significa che qualche dirigente deve lavorare... scherziamo? Cmq grazie a chi ci ha portato il governo dei "migliori"... proprio un bel risultato. Chiaramente non gli importa niente dei risparmi di costi su trasporti, ambienti di lavoro, ecc.FetenteIl tema dei fannulloni è molto serio. La scarsissima produttività della PA, in primis, ma anche del lavoratore dipendente in genere, è un realtà oggettiva. Non si stratta di retorica nè di condividere le iniziative di Brunetta, per la maggior parte fumose o piene luoghi comuni, ma basta che negli uffici si tirassero fuori i report del protocollo elettronico per avere una prova tangibile; la tempistica è perentoria per il cittadino, ordinatoria per le istituzioni. La mancata emanazione dei decreti attuativi, che spesso non consentono l'attuazione delle leggi, rappresenta un altro esempio di inefficienza. Si potrebbero elencare decine di situazioni che dimostrano le criticità esistenti nel mondo del lavoro. Ma spesso il problema viene affrontato con proclami che provocano la costituzione degli schieramenti ed un dibattito con urla da programma televisivo, senza alcun risultato.Pasquale - libero professionista -Vogliamo parlare di come scrivono le leggi e della qualità del lavoro del parlamento? non seguono nemmeno le buone regole di stesura delle leggi. un'accozzaglia di articoli scritti malissimo con referenze incrociate con altre leggi. Il pesce puzza dalla testa. Cmq conosco almeno 2 persone dipendenti pubblici che lavorano anche di domenica da casa non pagati perchè sotto organico e perchè si sentono il dovere di riuscire a fare tutto... magari sono pochi ma ci sono. Soprattutto i più giovani.ginoA casa non fanno nulla, ma nemmeno in ufficio lavorano. Quindi ci sono pochi onesti che lavorano come matti e tanti cialtroni che non hanno voglia di far nulla e spesso non sono nemmeno all'altezza. Ma non solo negli uffici, pensate all'esercito di insegnanti incapaci assunti nella scuola , spesso in cambio di voti. Il problema vero è che nel settore pubblico mancano procedure per verificare quantità e qualità del lavoro e nessuno è interessato a definirle, altrimenti verrebbe linciato.MaxBrunetta ha semplicemente detto la verità in modo brutale, nella PA il dipendente fannullone che in presenza poteva venire beccato a fare le parole crociate (ma il capo non lo faceva per evitare "scioperi bianchi") lasciato solo davanti a un pc a casa propria si guarda le telenovelas su netfix e fa giusto il minimo per non essere notato. Invece nelle aziende private avviene il contrario, illavoro a casa propria diventa "slave working" perché si lavora per obbiettivi, e l'azienda risparmia su tutto, dagli spazi agli arredi al riscaldamento illuminazione vigilanza pulizie... per questo non vogliono tornare allavoro in presenza né i dipendenti PA né le aziende private.MarioQuindi togliamo lo smarthworking a tutti, perchè chi lavorava di già lavora anche a casa, e i fannulloni lo sono sia in presenza che a casa? Non mi pare un grande risultato. In realtà concordo con chi dice che lo smarth working costringerebbe i dirigenti a sapere e controllare cosa fanno i suoi impiegati, cosa che adesso non fanno.su_swadL’unico interesse del ministro è quello di riempire le strade di auto e i bar di lavoratori in pausa pranzo. Consumi consumi consumi … il nuovo che avanza…YaprocSono un dipendente pubblico e confermo quanto sostiene Brunetta, ossia che in media siamo una categoria di fannulloni, nel senso che produciamo un "valore aggiunto" modesto a favore della collettività. Sulla produttività del dipendente pubblico sono stati scritti libri e lo spazio di un post non è adatto ad esaminare il problema. Qui voglio solo mettere in evidenza che siamo fannulloni allo stesso modo in ufficio come in smart working da casa. Personalmente, vorrei poter contribuire di più allo sviluppo del mio Paese e al benessere dei miei concittadini ma mi pare spesso di "macinare acqua". Non abbiamo un problema di "efficienza" nel lavoro lavoro pubblico quando di "efficacia". Il lavoro negli uffici pubblici va rifondato, ma questo compito di chi è se non dei vertici della P.A.? Brunetta è nella posizione per incidere, io mi trovo invece ad applicare leggi assurde e cercare di realizzare "obiettivi" definiti dai politici secondo interessi troppo di parte.SardusTemo che Brunetta, come tanti, confonda 'smart working' con 'remote working': il primo fa riferimento all'insieme di procedure, competenze e tecnologie finalizzate all'aumento della produttivita' (con relative metriche di monitoraggio), mentre il secondo e' una modalita di esecuzione del lavoro che ha come obiettivo la riduzione dell’infrastruttura centralizzata, con il relativo risparmio dei costi. Lo smart-working puo' essere quindi applicato sia in presenza che da remoto: Brunetta sta dicendo che l'unico modo per garantire e monitorare la produttivita'/efficienza della PA e' avere i dipendenti sotto il vigile occhio 'fisico' di un superiore? la presenza fisica del dipendente nell'ufficio e' l'unica metrica che Brunetta intende applicare nel perseguire il miglioramento della PA?j.geeraertsvisto che il ministro della PA è certo che nella sua area di interesse il lavoro sia organizzato male e gestito peggio iniziasse a studiare e attuare misure affinché le sacche (ampie e trasversali a tutte le amministrazioni) di disorganizzazione ed inefficienza siano ridimensionate. Stare a casa o sul posto di lavoro per chi non sa/vuole svolgere il proprio compito non fa differenza... ma è sempre un bel dire frasi tipo "tutti in ufficio, fannulloni!" senza affrontare direttamente il tema. Mah... grande ministro, eh!saveriaIl problema della pubblica amministrazione, avendoci lavorato, è un mix di cialtronerie a tutti i livelli. A cominciare da Leggi insulse che mal si addicono alla velocità richiesta alla P.A.. Alla poca motivazione data ai dipendenti con stipendi ridicoli, ad una organizzazione dove non vengono fissati progetti e che quindi non stimolano nessuno ed infine, ma forse non ultimo, il fatto che il tipo datore di lavoro sia un politico che, in Italia, non vuole il bene dell'azienda ma solo il suo tornaconto, quindi fa figo dire " dipendenti pubblici tutti cialtroni fanXXXXXsti" ti fai bello davanti ai cittadini, ma poi cosa fa per migliorarla? Nulla, a no dimenticavo mi ha mandato una mail con una lettera in cui mi invita ad aggiornarmi professionalmente con tanto di promessa di aumento salariale. Uauu, peccato che sia in pensione da sei mesi e non possa aderire alla sua richiesta.GdmChi non lavora da casa non lavora neanche in ufficio. Gran parte delle aziende che hanno permesso lo smart working ha riscontrato un aumento di produttività e un maggiore grado di soddisfazione dei dipendenti. Certo, questo implicherebbe dare degli obiettivi ai dipendenti e controllarne il raggiungimento.LoreLa P.A. in generale manifesta problemi giganteschi di ogni tipo, strutturale e organizzativo. Queste disfunzioni non hanno comunque nulla da spartire con il lavoro da remoto, tant'è che il sistema P.A. è in affanno da decenni, quand'ancora non si parlava di lavoro a distanza. Le motivazioni sono profonde e si basano su alcune constatazioni tradotte in dati di fatto. La prima e forse più importante è la mediocrità della classe politica italiana, nella sua generalità. Si è sempre dimostrata incapace di adottare misure risolutive delle problematiche dei cittadini. E', senza dubbio alcuno, di stampo populista oltranzista, nel fare proclami roboanti senza costrutto, fino a autocelebrarsi per risultati inesistenti, se non forieri di divisione e di odio vero e proprio nei confronti, di volta in volta, dei lavoratori pubblici, degli stranieri, dei disgraziati meno abbienti, di altre categorie di cittadini e di persone in generale. Gli riesce molto bene celebrare e sostenere, con tutti i mezzi, l'impresa. Purtroppo avviene nel modo più sbagliato e deleterio per l'economia del paese. L'impresa dev'essere sostenuta, ma non a tutti i costi, poiché si finisce per generare, i dati lo dimostrano, una categoria di parassiti. Una volta l'impresa era l'organizzazione che, con i mezzi propri (materiali, finanziari, ...) evolveva nel mondo produttivo e si faceva largo grazie alle proprie capacità. Oggi, si fa impresa a stretto carico dello stato. Quando le cose vanno bene per l'impresario, tutto il merito e il ricavo sono suoi, guadagnati sudando, peccato che quando sorgono situazioni di difficoltà, lo stato deve foraggiare con soldi pubblici. Tra l'altro, come nel medioevo, l'impresario si "disfa" senza troppe remore dei suoi dipendenti, senza che nessuno possa opporsi realmente. Sempre la gloriosa politica legifera per consegnare i denari pubblici a questa categoria, spesso altrettanto incapace e assolutamente improduttiva. Orbene, questi soldi sono gestiti dalla P.A. e dall'altro mondo parassita delle banche, secondo i voleri della politica. La P.A. nelle persone dei dipendenti, costituita per la maggiore parte (soprattutto nei comuni) da figure professionale di bassa rilevanza (categorie B e C = 1200 / 1350 euro al mese) deve, pena essere targata di inefficienza, girare i soldi all'impresa che, volendo snellezza, chiede di bussare alla porta dell'ufficio indicato e andarsene con i soldi in tasca. Purtroppo, non funziona così e non può di sicuro essere additata la P.A. per inefficienza. Le responsabilità sono tutte politiche. Nella realtà, l'impresa e la politica si intrecciano negli interessi e sono particolarmente contenti di trovare nella P.A. il capro espiatorio, comunque colpevole di tuti i mali. Nessuno può escludere a priori che nella P.A. ci siano gli imboscati e ci sono sicuramente, ma da qui a colpevolizzare i piccoli dipendenti ce ne passa. Questi ultimi sono spesso denigrati, se non affossati dai propri superiori. Si trovano lì dopo aver superato una procedura concorsuale di accesso all'impiego, la retribuzione è magra se confrontata alle responsabilità connesse alle loro mansioni e soprattutto pagano le tasse regolarmente senza possibilità di evadere. La stessa cosa, non si può dire della categoria degli impresari e del settore privato in generale, caratterizzata da evasione fiscale endemica. Però, anziché combattere seriamente queste problematiche, la politica e il settore privato, aizzato da questa, trovano grande facilità e piacere morboso nell'attaccare apertamente e ripetutamente i dipendenti pubblici. Oggi, alla testa di questa congrega, ci sono l'intero governo e altri loschi figuri (dirigenti responsabili di associazioni inutili come confindustria, confcommercio, assobanca e altre "confcagate"). La giornata tipica del dipendente è in sequenza l'arrivo in ufficio dopo il viaggio (più o meno lungo e estenuante dal proprio domicilio, l'istruttoria di pratiche, la redazione di provvedimenti (pareri, rilasci, ecc...), il ricevimento del pubblico ("autorizzato" dai politicanti locali a introdursi negli uffici a qualsiasi ora e spesso con motivi banali, ma "urgenti") le risposte alle telefonate ( a tutte le ore del turno di lavoro e anche oltre, ottenendo risposte da casa, in barba a chi rispetta gli orari di apertura e senza neppure dover recarsi in ufficio negli orari stabiliti) che, per la mole, non consentono il corretto svolgimento dei carichi di lavoro del dipendente. In tutto questo, anche 5 minuti per un caffè e il confronto costante con i superiori che, al loro volta pressati, cercano una risposta a quesiti posti sull'andamento delle pratiche. Dopo, aver fatto questo per oltre trent'anni, dico che le considerazioni del ministro sono veramente mal poste e che il lavoro da remoto non c'entra niente con i mali che affliggono la P.A. e il paese. In ogni caso non basterebbe una riforma se non è inquadrata in un contesto molto più ampio che investa anche gli altri settori, quello privato in primis.SempreGrazie, il tuo commento è in fase di approvazioneGrazie, il tuo commento è stato pubblicatoCommento non inviatoGrazie per esserti iscritto alla nostra newsletterOops, la registrazione alla newsletter non è andata a buon fine. Riprova.Leggi gli altri commentiPubblicato il 3 feb 2022
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