RIAA: meno diritti per tutti

RIAA: meno diritti per tutti

I discografici vogliono tagliare la fetta dei musicisti. E i venditori online sono d'accordo: anzi rilanciano
I discografici vogliono tagliare la fetta dei musicisti. E i venditori online sono d'accordo: anzi rilanciano

“Se c’era qualcuno che ancora credeva alla propaganda RIAA ora dovrà ricredersi”: netto il giudizio dell’ esperto avvocato Ray Beckerman sull’ultima trovata della major del disco: tagliare i compensi degli artisti .

In una serie di documenti depositati da RIAA presso il Copyright Royalty Board , vale a dire l’organo che decide in materia di attribuzione dei diritti d’autore negli USA, le major chiedono infatti la riduzione della fetta spettante a musicisti e compositori dall’attuale 9 all’8 per cento sugli introiti provenienti dalle vendite. Valori che si tramutano in cifre dell’ordine dei 9 centesimi di dollaro a brano, spesso ridotti in fase di negoziazione con le major e da dividersi eventualmente tra esecutore e autore della canzone.

Come spiegato dalle major “il mondo della musica sta soffrendo una diminuzione del giro d’affari complessivo, mentre i profitti riconosciuti agli autori sono aumentati considerevolmente”. Il risultato sarebbe che “le aziende musicali hanno dovuto tagliare i costi e personale, mentre meccanismi di rimunerazione obsoleti consentivano ad altri di giovarsi di nuovi introiti”.

La distribuzione, lecita, online avrebbe cioè penalizzato le major e avvantaggiato gli artisti . Ma neppure le alternative internettiane per la vendita, iTunes in primo luogo e tutti i suoi concorrenti , sembrano essere soddisfatte: dipendesse dai distributori web, i compensi dovrebbero scendere al 4 per cento o addirittura azzerarsi. E così anche la loro organizzazione di rappresentanza, la Digital Media Association , ha presentato un documento alla corte.

In ballo c’è la cosiddetta mechanical royalty , che a detta dei discografici telematici “imporrebbe costi eccessivi ad un mercato fragile, che tuttavia al momento si mostra promettente”. I diritti riconosciuti automaticamente su nuovi meccanismi di riproduzione come la musica in streaming non dovrebbero esistere, sostengono, e dovrebbero invece essere applicati modelli simili a quelli adottati dalle radio a stelle e strisce.

Ipotesi tutte stroncate dai rappresentati degli artisti . Che invece rilanciano, e puntano a guadagnare 12,5 centesimi di dollaro dalla musica fisica, quella su CD, e 15 centesimi per i brani che circolano online. Aumenti giustificati dai “contributi significativi che musicisti e compositori garantiscono al successo dell’industria musicale”: la National Music Publishers Association lotterà strenuamente per garantire ai suoi associati “la giusta ricompensa per il loro lavoro”.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
6 feb 2008
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