#RubinettiAperti, inevitabile

#RubinettiAperti, inevitabile

La campagna #RubinettiAperti ha preso piede sui social nel fine settimana: prevedibile, anzi, inevitabile.
#RubinettiAperti, inevitabile
La campagna #RubinettiAperti ha preso piede sui social nel fine settimana: prevedibile, anzi, inevitabile.

Un giorno, qualcuno formulerà una teoria in grado di spiegare il nesso di causalità che lega il palesarsi di un’emergenza (non importa di quale natura) all’immediato insorgere di istanze collettive che spingono nella direzione opposta rispetto a quella suggerita dalla soluzione più logica, ovvia e ragionevole. Accadrà un giorno, ma di certo quel giorno non è oggi. Oggi, mentre il paese intero è alle prese con il problema della siccità e gli italiani cercano ogni modo possibile per ridurre i consumi, è il giorno dei #RubinettiAperti. Inevitabile.

#RubinettiAperti

L’hashtag è spuntato nel fine settimana, calamitando subito post e attenzioni. Ci si limiterà ad appiccicare al fenomeno le etichette di negazionismo e di complottismo, in attesa che scompaia dai trend di Twitter con la stessa rapidità che ne ha caratterizzato la scalata. Anche questo è inevitabile, l’approccio più comodo. Torneremo poi a citarlo alla prossima protesta, descrivendo l’ennesimo tassello di un puzzle dai contorni non ancora ben definiti e che, solo se osservato da un punto divista distaccato, da lontano, offre qualche input per una riflessione utile a interpretarlo.

I social non fanno altro che fungere da catalizzatori, da megafoni attraverso i quali urlare il proprio dissenso. È accaduto con i #NoMask e i #NoVax per il COVID. Più di recente è toccato alla campagna #UnCarroArmatoPerPutin, organizzata per sostenere la guerra russa in Ucraina tenendo accesi i fornelli del gas. Ci saremmo stupiti di non vederli invadere le bacheche, i #RubinettiAperti.

#RubinettiChiusi

Solo non concentrandosi sui singoli hashtag, ma individuando le loro peculiarità comuni, è possibile intravedere quelle dinamiche che li legano, facendo emergere una sorta di pattern. Anzitutto, il malcontento (ha poca importanza se giustificato o meno) nei confronti di imposizioni calate dall’alto nel nome del beneficio collettivo e interpretate solo come in grado di comprimere le proprie libertà personali. Vale tanto per le restrizioni applicate in tempo di pandemia quanto per le ordinanze attuali che limitano l’impiego dell’acqua nel privato.

C’è poi la volontà di esprimere il disagio attraverso lo strumento più accessibile e più alla portata di tutti: le piattaforme online, quei social e gli algoritmi che li regolano, in grado di esaltare e portare all’attenzione di tutti in poche ore fenomeni come il parlare in corsivo o le chiamate alle armi contro l’ordine costituito, indistintamente, per poi affossarli in modo altrettanto rapido. E in quel seppur breve lasso di tempo, le urla di pochi fan sempre più rumore del silenzio composto e rispettoso di molti, impegnati nel quotidiano a fare la loro parte, con le piccole attenzioni e con i piccoli gesti.

Un giorno, qualcuno formulerà quella teoria e sarà tutto più chiaro. Un giorno, ma non oggi. Oggi, per favore, #RubinettiChiusi.

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Pubblicato il
4 lug 2022
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