Se sei un hacker ti sequestrano il computer

Se sei un hacker ti sequestrano il computer

Negli USA un giudice stabilisce che chi ha competenze informatiche non ha diritto alle garanzie legali previste dalla Costituzione. Chi dice di essere un hacker distruggerà senz'altro le prove
Negli USA un giudice stabilisce che chi ha competenze informatiche non ha diritto alle garanzie legali previste dalla Costituzione. Chi dice di essere un hacker distruggerà senz'altro le prove

Un semplice caso di proprietà intellettuale che si trasforma in una trincea per difendere i diritti civili: un giudice dell’Idaho ha deciso di sospendere il diritto alla difesa per uno sviluppatore accusato di aver sottratto e riutilizzato il codice sorgente di un’applicazione sviluppata per conto dello stato dell’Illinois, autorizzando il sequestro e la perquisizione del suo PC senza garantirgli un’udienza per difendersi. Troppo alto il rischio che l’accusato, che sul proprio sito si definisce un hacker, possa distruggere le prove e tentare di confondere le tracce.

Vista la denuncia della Battelle Energy Alliance, contractor del Idaho National Laboratory, il giudice B. Lynn Winmill ha ritenuto appropriato concedere un mandato per la perquisizione e il sequestro dei PC di Corey Thuen, titolare della Southfork Security. Il mandato è stato concesso senza garantire all’accusato diritto di replica per difendersi ( sospendendo le garanzie della Costituzione USA ): secondo il giudice, poiché l’accusato si definisce un “hacker” ciò dimostrerebbe “che ha le competenze con il computer necessarie e l’intento di rilasciare il codice sorgente nascondendo il proprio ruolo in questo atto. E nascondere il proprio ruolo comprende la distruzione delle prove sull’hard-drive del computer di Thuen”. In altre parole, secondo il giudice essere un hacker o definirsi tale equivale a dichiarare la propria intenzione di violare le leggi.

La storia è di quelle già lette e sentite: un’azienda viene assoldata per sviluppare un’applicazione, sorgono delle dispute su come gestire il codice prodotto (era stata ventilata la possibilità di rilasciarlo con licenza open source), uno dei dipendenti crea una propria impresa che produce un’applicazione simile alla precedente. Inevitabile il sospetto che parte del software sia frutto di un “riciclo” di quanto realizzato coi soldi del committente precedente, inevitabile la scaramuccia legale. In questo caso la particolarità è semmai il tipo di applicazione sviluppata: un software di monitoraggio delle infrastrutture critiche dell’Illinois (impianti idrici, elettrici, gas), niente di particolarmente innovativo ma quanto basta per giocare anche la carta della “sicurezza nazionale” che tanto piace agli sceneggiatori dei telefilm a stelle e strisce.

Nel paese della libertà di espressione la situazione appare grottesca : un giudice ha sospeso le garanzie costituzionali di un accusato sulla base di un pregiudizio legato a un termine di cui non ha compreso il significato. Oppure, peggio, ha attribuito alla parola hacker una connotazione squisitamente negativa: chi è pratico di PC, ha cioè la competenza per formattare un hard-disk, sarà automaticamente indotto alla distruzione delle prove. Senza entrare nel merito della faccenda, sarà la corte a stabilire se Corey Thuen e la sua Southfork Security abbiano o meno violato la legge, si tratta di un precedente pericoloso: attribuire la patente del criminale a chiunque di definisca un hacker è una semplificazione piuttosto pericolosa, che rischia di mettere in seria discussione la possibilità dei comuni cittadini di dare libero sfogo alla propria curiosità e inventiva visto il rischio di vedere depauperate le proprie libertà.

Luca Annunziata

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Pubblicato il 25 ott 2013
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