SPID non procede veloce

SPID non procede veloce

Assintel e Assoprovider fanno ricorso al TAR contro il protocollo di identificazione online: impedirebbe la partecipazione delle piccole e medie imprese. il primo passo dell'e-governance italiana si compirà in Tribunale?
Assintel e Assoprovider fanno ricorso al TAR contro il protocollo di identificazione online: impedirebbe la partecipazione delle piccole e medie imprese. il primo passo dell'e-governance italiana si compirà in Tribunale?

Gli operatori delle TLC e le aziende IT associate in Assintel e Assoprovider (Confocomercio) hanno fatto ricorso al tribunale amministrativo del (TAR) del Lazio contro la norma che istituisce il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID).

Nel mese di dicembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il corrispondente Decreto legislativo: SPID, ancora più delle attuali firme digitali e degli indirizzi di posta elettronica certificata, dovrebbe rappresentare la base su cui costruire il sistema di e-government italiano, dovrebbe fare il suo esordio il prossimo aprile ed entro 15 giorni le amministrazioni dovrebbero definire le procedure per l’attivazione dei servizi fruibili tramite SPID. Il condizionale è quanto mai d’obbligo, dal momento che mancano i regolamenti attuativi e che ora le associazioni rappresentative di Confcommercio hanno fatto ricorso chiedendone una sospensione in attesa del giudizio del tribunale amministrativo.

A rassicurare su tempi e modi della riforma è una delle autrici del Decreto, Maria Pia Giovannini di AGID: “Tutte le regole tecniche sono state fatte, adesso aspettiamo ulteriori informazioni sulle specifiche. Il sistema vede la compartecipazione di attori privati che potranno erogare questo servizio. La funzione dello Stato è, quindi, di regolazione, controllo e vigilanza di tutti coloro che a vario titolo potranno dare queste chiavi di abilitazione all’utilizzo di servizi”.

Secondo Assintel e Assoprovider , tuttavia, proprio qui risiede l’inghippo: la norma impedirebbe alle piccole e medie imprese italiane del comparto ICT di far parte del sistema di identificazione delle identità digitali.

A giustificazione di tale scelta ci sarebbe da parte del legislatore – in particolare – la volontà di assicurare sistemi di sicurezza di alto livello a tutela dei dati degli utenti: la normativa prevista dal Decreto contestato, infatti, prevede come intermediari tra la Pubblica Amministrazione e l’identità digitale dei cittadini dei fornitori di servizi e gestori di identità digitali che necessitano di un capitale molto elevato.

Ma non basta: secondo il ricorso la norma entrerebbe in contrasto con il Regolamento Europeo in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
6 feb 2015
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