Stato di emergenza: cosa succede a smart working e Green Pass

Stato di emergenza: cosa succede a smart working e Green Pass

La fine dello stato di emergenza impone immediate riflessioni e interventi su ciò che succederà al regime dello smart working ed al Green Pass.
Stato di emergenza: cosa succede a smart working e Green Pass
La fine dello stato di emergenza impone immediate riflessioni e interventi su ciò che succederà al regime dello smart working ed al Green Pass.

Il parere emerge ormai unanime dall’Esecutivo e, sebbene Mario Draghi non si sia mai espresso direttamente su questo aspetto, l’ipotesi è ormai acclarata: se il rallentamento della pandemia proseguirà con i medesimi trend attuali, è presumibile che nel mese di marzo possa avere fine lo stato di emergenza proclamato inizialmente nel 2020.

Per tutti il decadere dello stato di emergenza contraddistinguerebbe in modo forte l’inizio di una fase nuova, la rottura con il passato recente e l’inizio di un nuovo modo di approcciare la Covid-19: fuori dall’emergenza inizia la nuova normalità, la coesistenza con il virus e la riprogettazione del domani. In questa riprogettazione ci saranno due elementi importanti ad assumere i toni dell’urgenza: lo smart working e il Green Pass.

Smart working

Il regime attuale dello smart working era stato legato allo stato di emergenza che ne costituiva la cornice normativa ideale per dar corpo a misure di agevolazione in un momento nel quale il distanziamento era diventato necessità. I mesi trascorsi in questa modalità hanno dato nuova dignità allo smart working in ogni sua forma (dal lavoro agile al telelavoro), ma con la scomparsa della cornice che abilitava le pratiche attuali occorrerà ripensare il tutto rapidamente.

Con la decadenza dello stato di emergenza si tornerà semplicemente al regime antecedente. Ciò significa riproiettare lo smart working agli accordi individuali e alla burocrazia pre-Covid. Più saggio e significativo sarebbe invece una presa in carico del problema per fare in modo che anche post-Covid si possa immaginare uno smart working più integrato nel mondo del lavoro italiano, senza ostacoli normativi che possano rallentarne l’adozione e, anzi, con una presa d’atto del fatto che nuovi e diversi modi di collaborare possano non soltanto esistere, ma anche rivelarsi vantaggiosi per i lavoratori e per le aziende.

La PA viaggia su un binario differente e dovrà vedersela con la ritrosia del ministro Brunetta: nel mondo del privato, invece, servirà che lo Stato si faccia carico di questa presa di coscienza prima che la decadenza dello stato di emergenza riporti le lancette al 2019 nel contesto di un orizzonte che è però chiaramente mutato.

Green Pass

Ad apposita domanda, il sottosegretario Sileri ha risposto che “il Green Pass andrà rimodulato“. Se ve ne fosse ancora bisogno, insomma, ecco la conferma del fatto che il Certificato Verde non decadrà con lo stato di emergenza, ma andrà probabilmente adeguato affinché possa aderire al quadro normativo successivo. La scadenza è stata congelata per tutti coloro i quali hanno raggiunto la terza dose di vaccino, ma per tutti gli altri si apre una fase di limbo nella quale le restrizioni dovranno poter essere ricalibrate in base a quanto accadrà da qui a fine anno. Se è vero che l’UE sta pensando ad una proroga fino a metà 2023, anche l’Italia vi si potrebbe adeguare e fino a fine 2022, in ogni caso, il Green Pass è destinato a restare strumento centrale per l’applicazione delle normative anti-contagio.

Non sarà in ogni caso l’abbandono dello stato di emergenza a sancirne la fine.

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Pubblicato il
9 feb 2022
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