Steve Jobs e il primo iPhone

Steve Jobs e il primo iPhone

Mentre Tim Cook invita i dipendenti Apple a ricordare il CEO scomparso, fioriscono gli aneddoti sul lancio del primo melafonino. E si scopre che non tutto oro era quello che luccicava, sotto l'egida del lider macsimo
Mentre Tim Cook invita i dipendenti Apple a ricordare il CEO scomparso, fioriscono gli aneddoti sul lancio del primo melafonino. E si scopre che non tutto oro era quello che luccicava, sotto l'egida del lider macsimo

Quando Steve Jobs salì sul palco del Moscone Center per presentare al mondo iPhone, in uno dei keynote passato alla storia per la rappresentazione scenografica delle capacità del nuovo terminale, in realtà i prototipi del melafonino erano poco più di pezzi di metallo con le luci . Il New York Times racconta i retroscena di quel lancio a 2 anni dalla scomparsa del fondatore di Apple, e svela particolari curiosi: quella di iPhone fu un’enorme scommessa, giocata da Jobs contro il resto del mondo con in mano poco più di un bluff. Nei sei mesi che trascorsero dall’annuncio alla messa in vendita, i tecnici Apple dovettero fare miracoli per riuscire a consegnare quanto promesso su quel palco.

Stando ai racconti di Andy Grignon, che all’epoca era responsabile della sezione radio di iPhone, l’intera squadra di supporto tecnico del keynote era di fatto ubriaca durante la presentazione: nessuno avrebbe scommesso che la demo dal vivo che Jobs aveva voluto a tutti i costi avrebbe funzionato, visto che i prototipi funzionanti erano affetti da gravi limitazioni hardware e software , e per farsi coraggio si erano portati una bottiglia a cui attinsero durante tutta la mattinata. La ricezione del segnale GSM era molto instabile e l’intero modulo doveva essere riavviato ogni pochi minuti: ma per non mostrare questa debolezza al pubblico di appassionati era stato inserito un trucco nel codice del software per mostrare sempre e comunque il segnale al massimo sullo schermo. Così come la rete WiFi cui si appoggiò l’intera presentazione era nascosta e piazzata sulle frequenze giapponesi dedicate al protocollo, per essere certi che non ci fossero sovraccarichi imprevisti o interferenze da parte del pubblico in sala. E la RAM era di soli 128MB: si riempiva in fretta, di fatto congelando i terminali che dovevano essere completamente riavviati.

L’intero processo di sviluppo di iPhone era durato anni , ed era costato una cifra non molto diversa da 150 milioni di dollari stando a quanto riferito: la stragrande maggioranza dei tecnici migliori di Apple era stata coinvolta nel processo, svuotando di risorse ogni altro progetto e di fatto mettendo in bilico l’intero futuro dell’azienda. Se iPhone avesse fallito, spiega il NYT , Apple avrebbe avuto serissimi problemi a sopravvivere. La storia dice che la scommessa di Jobs e compagni, sebbene molto rischiosa, è stata comunque vincente: ma prima di imbarcarsi nell’avventura nessuno a Cupertino aveva idea delle difficoltà che avrebbero incontrato, probabilmente sottovalutando la difficoltà di creare uno smartphone , e secondo i resoconti i nervi di tutti furono messi seriamente alla prova durante quella fase.

Più in generale, il New York Times racconta di un visionario alla guida di una azienda, Steve Jobs, che chiese ai suoi collaboratori di mantenere la massima segretezza (arrivando fino a travestirsi come dipendenti di altri marchi quando andavano a visitare i fornitori dei componenti) mentre creavano quello che doveva essere un apparecchio adatto a “leggere le email mentre sei in bagno”. Una follia sul piano tecnico (i primi prototipi erano formati da un certo numero di Mac collegati a un proiettore e vari schermi: tutto dovette essere concentrato in un terminale da tenere in una mano, con un’autonomia decente), con migliaia e migliaia di righe di codice di OSX da condensare per trasformarlo in iOS e Jobs che pungolava tutti affinché facessero miracoli lavorando oltre 80 ore a settimana.

Nonostante questo, ci vollero anni per arrivare dall’idea al telefono sugli scaffali: e di anni ne erano trascorsi parecchi dal lancio dell’iPod, più di quanti siano trascorsi tra iPhone e iPad, o tra iPad e la data presente. Per questo gli osservatori riflettono oggi sul ruolo e il compito svolto da Tim Cook in questi due anni dalla scomparsa di Jobs e dalla sua nomina a CEO, rivalutando i suoi risultati alla luce di queste riflessioni e dello stato di salute di Apple: molte delle menti chiave che hanno contribuito a parecchie innovazioni di successo di Cupertino sono ancora al campus al lavoro, e l’auspicio potrebbe essere che è questione di tempo prima che qualche altra idea partorita in quei laboratori arrivi fino a un keynote e rilanci le speranze di Apple.

Anche la questione valore in Borsa e ruolo di Jobs sono rivisitate in queste ore, a freddo, per cercare di venirne a capo: nel caso delle azioni , l’argomento si presta a parecchie valutazioni e non tutte legate necessariamente al rendimento oggettivo. Per quanto attiene l’importanza di Jobs, Harmut Esslinger di Frog Design racconta del ruolo svolto da Steve nel porre il design al centro della filosofia Apple : una scelta che ha cambiato per sempre le sorti dell’azienda, e che pare ben impressa nella testa del pugno di manager che oggi la guida. Non a caso Cook ha deciso di scrivere ai dipendenti il 5 ottobre, due anni dopo la dipartita di Jobs, per dirgli che “lui sarebbe orgoglioso di voi”.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
7 ott 2013
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