UE, Intel non vuole pagare

UE, Intel non vuole pagare

Santa Clara chiede l'annullamento o la riduzione della multa antitrust. La Commissione non avrebbe rispettato le procedure arrivando a conclusioni erronee
Santa Clara chiede l'annullamento o la riduzione della multa antitrust. La Commissione non avrebbe rispettato le procedure arrivando a conclusioni erronee

Intel aveva già fatto appello alla corte di primo grado dell’UE contro la multa da 1,06 miliardi di euro che la Commissione Europea ha elevato nei sui confronti per violazione della normativa antitrust. Ora integra le sue motivazioni, non limitandosi più ad accusare la Commissione di violazione dei suoi diritti umani.

Intel ha ora chiesto l’annullamento della multa record decisa dalla Commissione: le investigazioni non sarebbero state condotte in maniera appropriata e le conclusioni sul presunto comportamento anticompetitivo da parte del chipmaker sarebbero quindi erronee. Nel caso in cui la sentenza non fosse ribaltata, chiede che sia rivista la multa, considerata sproporzionata rispetto al danno ipotizzato .

In particolare, secondo Santa Clara non ci sarebbero prove del legame tra gli sconti e le riduzioni offerte da Intel ai produttori OEM e un effettivo e diretto danno procurato ai consumatori. D’altronde “il costo dei computer – afferma il CEO Intel Paul Otellini – è diminuito dall’inizio del processo ad oggi”.

Inoltre la Commissione non avrebbe rispettato alcune procedure e ignorato prove cruciali , arrivando così a compromettere il diritto alla difesa di Intel, che ha avuto difficoltà a testimoniare e controbattere “per sciogliere ogni dubbio”. Per esempio, in un incontro dell’agosto 2006 tra gli ispettori della Commissione e un manager Dell (rimasto anonimo), il chipmaker non sarebbe proprio stato informato del meeting, e sarebbe così stato negato il contraddittorio.

La pratica delle offerte, consistenti sconti ai produttori di PC a condizione che mantenessero l’80 per cento dei loro prodotti con chip Intel, costituisce, insieme con la scoperta che Intel avrebbe pagato per ritardare la distribuzione di schermi AMD, il caposaldo dell’accusa sulla base del quale l’azienda produttrice di chip è stata multata. Non è infatti la detenzione di una posizione dominante, valutata in base al volume del mercato specifico controllato, ma l’eventuale impiego di pratiche anticompetitive volte a rafforzare o approfittare della posizione di vantaggio, ad essere proibito dalla legge.

La strategia di difesa Intel non si limita ad attaccare le prove raccolte dalla Commissione e a mettere in discussione le procedure adottate, ma punta anche a scardinare tutta l’accusa, cercando di affermare che AMD, nel periodo in cui si suppone che Intel abbia tenuto comportamenti anticoncorrenziali, abbia aumentato i suoi profitti. Nonostante ciò le ultime stime vedono Intel dominare il settore dei microprocessori, con l’80,6 della quota di mercato (primato inferiore solo all’82,4 per cento tenuto da Intel nel 2005). E parte di questa crescita semestrale sarebbe avvenuta proprio a discapito di AMD.

Si tratta di un appello già annunciato. Ma ora Intel dovrà aspettare i tempi della giustizia europea: sarà necessario almeno un anno alla corte per valutare il caso. Se la multa dovesse esser confermata, significherebbe un bilancio in perdita . E un altro precedente pericoloso. Le autorità garanti della concorrenza del Giappone e della Corea del Sud avevano già in passato accusato Santa Clara di pratiche non competitive, mentre il procuratore generale di New York e la Commissione federale del commercio (FTC) statunitense hanno annunciato di aver aperto un’ indagine nei suoi confronti.

E da ora in poi Santa Clara dovrà fare a meno, nel suo organigramma in ristrutturazione , proprio del Top Lawyer, esperto in antitrust, Bruce Sewell che è stato annunciato come nuovo vice presidente per gli affari legali di Apple . Cupertino si prepara così a difendersi dalle possibili accuse della Federal Communications Commission (FCC) sul caso Google Voice e sulle modalità di gestioni dellE applicazioni iPhone.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 16 set 2009
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