USA: i droni comunisti ci spiano

USA: i droni comunisti ci spiano

Le autorità statunitensi accusano DJI di aver usato i suoi droni per una campagna di spionaggio senza precedenti. I cinesi vogliono attaccarci fisicamente e virtualmente, dicono da Washington
Le autorità statunitensi accusano DJI di aver usato i suoi droni per una campagna di spionaggio senza precedenti. I cinesi vogliono attaccarci fisicamente e virtualmente, dicono da Washington

Il Paese dotato di un arsenale di 4.500 testate atomiche pronte a partire ha paura dei piccoli droni di DJI , produttore cinese che a dire delle autorità statunitensi ha violato la sicurezza nazionale con lo spionaggio di obiettivi sensibili ma anche di utenti comuni .


L’allarme era scattato già ad agosto anche se la notizia circola solo in questi giorni, con il Departement of Homeland Security e l’Esercito statunitense concordi nel ritenere gli UAV di DJI una minaccia più che concreta. In particolare, l’azienda cinese si sarebbe servita dei suoi droni e dell’app ufficiale di Android per raccogliere i dati sensibili degli utenti inclusivi di email, nomi, immagini, video, parametri biometrici e via elencando.

I droni di DJI avrebbero inoltre raccolto informazioni preziose (video, coordinate GPS e altro) per obiettivi sensibili come ponti, ferrovie o depositi di materiale pericoloso, fornendo il tutto al governo comunista di Pechino che potrebbe sfruttare i dati per condurre attacchi “fisici” o telematici. O magari fornendo tali dati alle “organizzazioni terroriste” (sic) nemiche del popolo americano.

Le fonti di questo nuovo episodio di complottismo yankee da antologia? Il DHS cita non meglio precisati fonti interne all’industria UAS , che per giunta si è lamentata con Washington accusando DJI di dumping con la vendita di prodotti a basso costo per mettere fuori mercato la concorrenza (ovviamente americana).

“Il governo cinese sta usando gli UAS di DJI come metodo economico e difficile da tracciare per raccogliere dati sugli asset americani critici”, ha avvertito il DHS, ma secondo alcuni esperti le famose “fonti” dell’industria avrebbero avuto gioco facile nel raccontare un mucchio di frottole per lisciare il pelo alla famigerata “America First” di Donald Trump e danneggiare economicamente il produttore cinese .

Prevedibilmente incredula e negativa la reazione di DJI , che ha rigettato le accuse come infondate e ha sottolineato l’ illegittimità delle fonti del rapporto di DHS. DJI non spia per conto dei cinesi né trasmette dati del territorio USA ai suoi server, ha spiegato la società, che ha poi ribadito il nuovo impegno per la sicurezza pur con tutti gli incidenti di percorso di cui parlano le cronache recenti .

DJI continua a investire sui voli sicuri e su una gestione moderna dei droni volanti da parte delle autorità negli USA e non, e per chi è preoccupato di essere spiato una nuova funzionalità di auto-identificazione permette di tenere sotto controllo il traffico di UAV nella zona.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 6 dic 2017
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