Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha diramato la propria relazione annuale sulle attività relative al 2021 (pdf). In questa disamina non è sfuggito un cenno a tutto quanto concerne i crypto-asset, con la sensazione che l’opinione nei confronti degli stessi non sia mutata, ma che ne sia stata approfondita la conoscenza. DLT e criptoattività vengono così affrontate sotto vari punti di vista, suggerendo generalmente un approccio di massima cautela per i rischi che potrebbero determinare nei confronti degli utenti.
Vediamo quindi i vari passaggi nel quale la relazione della Banca d’Italia fa riferimento al mondo crypto, tutti elementi che potranno e dovranno interessare coloro i quali oggi investono in criptovalute ed intendo spostare su questo fronte parte dei propri risparmi.
Visco: criptovalute, DLT e rischio correlato
Così Visco introduce l’argomento:
La diffusione di prodotti, processi e canali distributivi innovativi richiede il rafforzamento dei presidi per la tutela della clientela e la corretta gestione dei dati personali; la loro regolamentazione beneficia del confronto con utenti e operatori di mercato. Un aumento significativo dei livelli di alfabetizzazione finanziaria è condizione necessaria affinché le capacità di scelta dei clienti si rafforzino e le norme e l’azione di vigilanza possano meglio proteggere i consumatori
Come a dire: normative, regolamenti e controlli possono aiutare ex-post, ma soltanto un sano senso critico da parte dei cittadini può trasformare questi in consapevoli investitori. L’analisi si addentra quindi nel cuore del problema partendo da DLT e blockchain:
Il ricorso alle tecnologie dei registri distribuiti (distributed ledger technologies, DLT) può migliorare l’efficienza nell’offerta dei servizi finanziari e recare benefici significativi per gli utenti. La riduzione dei tempi dei pagamenti e dei costi collegati alla emissione e alla circolazione degli strumenti finanziari favorisce l’ampliamento della platea degli investitori, accresce lo spessore dei mercati di attività sinora considerate poco liquide
Si passa quindi a criptovalute e stablecoin, così da appuntarne una definizione massimale in relazione la tipo di rischio associato:
Queste tecnologie vengono utilizzate per l’emissione e lo scambio di criptoattività. Questa denominazione, per la quale mancano ancora tassonomie condivise a livello internazionale, fa riferimento a strumenti tra loro molto eterogenei. Un’importante distinzione va fatta tra le criptoattività emesse a fronte di attività reali o finanziarie (fully-backed stablecoins) e quelle prive di tale supporto. Le prime, se adeguatamente regolamentate ed emesse da soggetti ben identificati, possono mantenere un valore relativamente stabile nel tempo e fornire servizi all’economia. Le altre – tra cui le cosiddette stablecoins con meccanismi di stabilizzazione basati su regole automatiche che adeguano l’offerta alle variazioni della domanda (algorithmic stablecoins) – sono prive di un valore intrinseco, connotate da un’elevata volatilità e, di conseguenza, esposte a significativi rischi di vendite improvvise; esse vengono per lo più utilizzate con finalità speculative. A seconda delle loro caratteristiche,
Visco condivide l’approccio europeo con il MiCAR (Markets in Crypto-Assets Regulation), ma teme che la situazione attuale comporti già derive ampiamente fuori dagli standard e che sia quindi necessario rettificare quanto prima la situazione:
Restano tuttavia questioni aperte, come la possibilità che gli utenti accedano ai mercati delle criptoattività senza il coinvolgimento di operatori regolamentati. Siamo consapevoli del permanere di ulteriori rischi, spesso non sufficientemente compresi dagli utenti, che possono derivare dal ricorso a portafogli elettronici che consentono lo scambio automatico di criptoattività, senza l’intervento di fornitori di servizi (i cosiddetti unhosted wallets), e dalla fruizione di servizi finanziari attraverso programmi informatici (smart contracts) resi disponibili direttamente da soggetti non sottoposti a controlli (finanza decentralizzata, o DeFi). Un ordinato sviluppo di questi fenomeni non potrà prescindere dalla definizione di standard e prassi in grado di costituire un riferimento non soltanto per gli intermediari vigilati, ma per tutti i soggetti coinvolti. Stiamo intensificando, per condividerli con le altre autorità di controllo, gli approfondimenti necessari per accrescere la trasparenza e l’affidabilità di queste nuove forme di intermediazione finanziaria.
Appare chiaro come Visco non vada a bocciare le criptovalute (Christine Lagarde è stata ben più tranchant a tal proposito), quanto più a suggerirne uno “sviluppo ordinato”: un approccio morbido e al tempo stesso severo, mostrando la carota dietro cui è nascosto il bastone. L’obiettivo finale, infatti, secondo Visco è quello di approdare quanto prima all’Euro Digitale:
[…] anche gli strumenti emessi ricorrendo alle DLT da soggetti chiaramente identificati sarebbero passività di enti privati, e come tali caratterizzate dal rischio di insolvenza. L’unico strumento in circolazione privo di tale rischio è il contante emesso della banca centrale.
Un ultimo cenno è relativo agli exchange, che spesso crescono esponenzialmente in breve tempo e “faticano” (eufemismo) a rispettare tutte le normative antiriciclaggio previste. Anche a tal proposito l’UE sta forzando la mano e Visco pone incondizionata fiducia alle azioni che verranno svolte a livello continentale:
Le difficoltà sono maggiori quando esse operano su più mercati, con normative di settore non ancora pienamente armonizzate.
L’attenzione su questi profili di rischio non può che rimanere massima. In prospettiva, la definizione di regole direttamente applicabili in tutta l’Unione e l’introduzione di un sistema di vigilanza unico permetterebbero di superare molte delle attuali difficoltà.
Occhi puntati sui crypto-wallet dei risparmiatori, insomma: non per punire, non per frenare, ma per tutelare al meglio risparmi, utenti e finanze dello Stato.