WebTheatre/ Banalità per il Web

WebTheatre/ Banalità per il Web

di Gabriele Niola - Non sorprende che Prom Queen fosse un prodotto di una banalità rara e The All For Nots, pur mettendo in campo talenti venuti dal mondo della produzione indipendente, sia una riproposizione di cose già viste
di Gabriele Niola - Non sorprende che Prom Queen fosse un prodotto di una banalità rara e The All For Nots, pur mettendo in campo talenti venuti dal mondo della produzione indipendente, sia una riproposizione di cose già viste

Da un paio di settimane è online The All For Nots , la nuova web serie della Vuguru di Michael Eisner. Si tratta di un mockumentary (o fintomentario come si dice in Italia), cioè un racconto dichiaratamente di finzione che però è filmato con lo stesso stile dei documentari, che prende in giro il mondo della musica post punk indipendente seguendo il tour di una rock band il cui nome dà il titolo alla serie. Con cadenza regolare ogni lunedì vengono messi online 3 episodi di cui uno principale della durata di 7 minuti e due minori da 3 minuti.

WebTheatre/ Banalità per il Web Contrariamente a molta della produzione per la rete The All For Nots non è una serie a basso budget (il costo è di 1.000 dollari al minuto ed è girato tutto in HD), la Vuguru è infatti l’unica società di produzione grossa che produce web serie. Il suo exploit precedente, Prom Queen , è stato capace di fare ottimi affari e di conseguenza questa seconda serie parte con ambizioni più alte e quindi anche uno stanziamento economico migliore. Il team creativo però è cambiato, tant’è che anche lo stile si distacca decisamente da quanto già visto. A scrivere c’è la Dinosaur Diorama, ovvero Thom Woodley e Kathleene Grace (responsabili un’altra web serie comica, The Burg , che ha raccolto un po’ di favori lo scorso anno), i quali hanno portato decisamente più ironia, novità e modernità al tipo di produzioni Vuguru.

The All For Nots, sebbene ancora non sia molto in linea con le cose migliori che si possono vedere in rete, usa comunque un linguaggio che non è più quello della fiction televisiva come accadeva in Prom Queen e adotta un umorismo tipico delle produzioni per la rete.
Il segreto del successo della Vuguru dunque non è la qualità ma i legami nel mondo dello spettacolo e la facilità a stringere accordi importanti, in una parola Michael Eisner .

Michael Eisner è un nome molto noto a chi si occupa di cinema e decisamente meno a chi si occupa di tecnologia ma da un anno a questa parte è la più importante e influente personalità a fare da tramite tra i due mondi. Dopo 20 anni al comando della Walt Disney Pictures in cui ha risollevato le sorti di uno studio di produzione che dalla morte del suo fondatore non aveva fatto che precipitare e ha rischiato più volte di essere comprata, Eisner ne è stato estromesso nel 2004 (percui ha rassegnato le dimissioni nel 2005) e da quel momento ha deciso che la sua rivincita l’avrebbe avuto nel mondo del video online, e al primo tentativo già ha fatto centro.

Dopo il primo esperimento di un anno fa con Prom Queen (80 episodi da 3 minuti con al centro una trama gialla ambientata in una high school nei giorni che precedono il ballo di fine anno) e il successo raccolto nonostante la bassa qualità di realizzazione e la totale mancanza di novità, il New York Times gli ha dedicato un articolo di lode e la definizione di “modello di Media Mogul moderno”.

Eisner si muove come uno schiacciasassi. È un vero imprenditore vecchio stampo che macina tutto il macinabile e spreme fino all’ultimo centesimo da ogni cosa in cui intravede successo. Di Prom Queen si progettano versioni adattate al diverso contesto culturale per la Francia e il Giappone e subito dopo la sua fine la serie ha avuto un immediato seguito di minor successo ambientato d’estate (ma del resto era anche costato meno). Alla Vuguru non si sperimenta, non si fanno tentativi arditi e non si cerca interazione particolare. Alla Vuguru si raggiunge il risultato come in tutte le compagnie vecchio stampo che si rispettino.
Non sorprende allora che Prom Queen fosse un prodotto di una banalità rara e The All For Nots, pur mettendo in campo talenti venuti dal mondo della produzione indipendente, sia una riproposizione di cose già viste e dal comprovato successo. Tutto l’impianto della messa in scena è il medesimo di This Is Spinal Tap , mockumentary di culto sul medesimo argomento girato nel 1984 da Rob Reiner, i dialoghi strizzano volutamente l’occhio di continuo al pubblico giovanile e in più la trama è abbastanza inesistente, in questo però la serie è aiutata dalla sua struttura (ogni episodio settimanale è ambientato in una diversa data del tour) che contribuisce a fornire sempre elementi di novità.

Ma la forza di The All For Nots potrebbe essere un’altra, cioè la distribuzione capillare che come sempre la Vuguru fornisce. Oltre al sito, al canale YouTube e a tutti gli altri posizionamenti del caso la serie ha anche un accordo di partnership con Bebo ed è presente su MySpace con un profilo del gruppo, e proprio queste ultime due destinazioni potrebbero dare alla serie la visibilità di nicchia di cui necessita. MySpace in particolare ha una base utenti di musicisti molto forte e dato che la serie prende in giro il mondo delle rock band indipendenti ed emergenti con piglio abbastanza realistico e comunque produce musica nella forma di singoli attribuibili al gruppo (ma suonati non si sa bene da chi), proprio dal social network di Murdoch potrebbe riuscire a creare la community di appassionati di cui ha bisogno sfruttando la coda lunga dei musicisti.

IL TRAILER DELLA SERIE

IL PRIMO EPISODIO

Gabriele Niola
Il blog di G.N.

I precedenti scenari di G.N. sono disponibili a questo indirizzo

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
20 mar 2008
Link copiato negli appunti