Abbiamo ancor bisogno di stringerci la mano?

Abbiamo ancor bisogno di stringerci la mano?

Il mondo degli eventi potrebbe essere di fronte alla tempesta perfetta che rivoluzionerà il comparto: Zoom, come Napster, è al centro del cambiamento.
Abbiamo ancor bisogno di stringerci la mano?
Il mondo degli eventi potrebbe essere di fronte alla tempesta perfetta che rivoluzionerà il comparto: Zoom, come Napster, è al centro del cambiamento.

La riflessione nasce dall’ipotesi elaborata dal fondatore di Skift, Rafat Ali, secondo cui il mondo degli eventi e dell’agenda business è di fronte al suo “momento Napster”. Con un (fin troppo facile?) accostamento, Rafat Ali suggerisce di ripensare a quanto successe all’industria discografica quando, nel miglior momento della propria parabola, iniziarono a farsi largo nuove realtà che sconquassarono il mercato portando ad una lunga fase di ristrutturazione.

Secondo questa ipotesi, il Coronavirus è stato la scintilla che ha accelerato il processo portando in modo quasi improvviso e senza alcuna preparazione ad affrontare una realtà che probabilmente per lungo tempo sarebbe ancora stata ignorata: la digitalizzazione degli eventi consente risparmi sotto molti punti di vista, tanto che dar vita ad un parallelo tra Napster (come figura allegorica dei vari Spotify che vennero a seguito) e Zoom (e tutto il comparto adiacente) diventa improvvisamente possibile. Insomma: se l’ipotesi fosse confermata, assisteremo ancora a lunghi anni di difficoltà per il mondo degli eventi, degli incontri di lavoro e dei viaggi business, ma poco alla volta vedremo sorgere nuove soluzioni digitali che sostituiranno questo fronte fino a far largo ad un futuro che oggi forse non riusciamo neppure a intravedere.

Che il mondo degli eventi fosse un baraccone oneroso e spesso scomodo, è cosa nota a tutti (chiedere ai giornalisti habitué degli aeroporti per partecipare ad eventi di poche ore a distanza di migliaia di km): cosa verrà dopo, e se sarà migliore, questo non è però dato sapersi. Che questo mondo, tuttavia, funzionasse, è altrettanto vero: un grosso mercato, con grandi profitti e molti posti di lavoro, significa che c’era alta domanda ed una valida offerta. Ma del resto era così anche con il mondo della musica quando, a inizio millennio, qualcuno iniziò a parlare di streaming inserendosi in un vortice evolutivo nel quale tutto è causa, tutto è effetto e tutto diventa rivoluzione.

Lande quasi inesplorate oltre la stretta di mano

La prima reazione che ebbe il Mobile World Congress allo shock del coronavirus fu per certi versi tanto semplice quanto sconvolgente: venne confermato l’evento, ma furono vietate le strette di mano. Quella “no-handshake policy” che oggi sembra ormai parte integrante della nuova normalità, in quei giorni venne interpretata da molti (troppi!) come una abnorme, sproporzionata e distorsiva reazione ad una minaccia che ancora a molti (troppi!) appariva lontana. Molti (troppi!) non si sentivano di annullare un gesto semplice come una stretta di mano poiché non ritenevano la minaccia sanitaria così forte e immediata.

Ciò significa che quella stretta di mano valeva tanto, simbolicamente forse era tutto. La stretta di mano è una connessione, è un modo per unirsi ad un’altra persona comunicando di essere arrivato, di essere compresente, di essere pronto a prestare la propria attenzione. La stretta di mano è l’icona del “connessione in corso” che ti catapulta in una nuova dimensione comunicativa e dà il via ad un codice linguistico, una prossemia ed una serie di regole univoca. Nel momento stesso in cui le persone vengono distanziate e decade la stretta di mano, crolla tutto un mondo che su questo gesto aveva costruito millenni di dialoghi, affari, trattative. La stretta di mano è regola antica, è istinto, è educazione. Era il principio e la fine, era l’inizio della trattativa e la felice conclusione della stessa. Era una parentesi che isolava dal mondo esterno, chiudendo nello stesso spazio e nello stesso tempo due realtà concordi a discutere, progettare, capire, lottare, collaborare.

Cosa c’è dopo la stretta di mano? Non lo sappiamo. L’ipotesi di Rafat Ali è che Zoom (o chi per esso) abbia già iniziato il proprio viaggio alla ricerca di questa nuova frontiera ed un passo dopo l’altro arriveremo (nel giro di qualche anno) a definire un modo nuovo di pensare gli eventi, di incontrarci, di entrare in connessione fisica. Nel frattempo, e su questo non bisogna voltare le spalle alla realtà, si perderanno miliardi di euro di opportunità e milioni di posti di lavoro.

Stretta di mano

Spariranno gli eventi in presenza? Giammai, ma ci sarà una forte scrematura in virtù di modelli di business che non stanno (finalmente) più in piedi. I dati di Skift ipotizzano che un buon 15% dei viaggi di lavoro sia destinato a scomparire seduta stante ed in pianta stabile, ad esempio. Un grosso interrogativo pende inoltre sul mondo dei commerciali, quelle figure addette alla vendita che sulla presenza e la stretta di mano hanno costruito il proprio curriculum.

Il digitale, in certi contesti, è terreno inesplorato: occorre inventare nuovi strumenti per presentare idee e prodotti, bisogna riuscire a stabilire connessioni anche senza un contatto tra le mani, bisogna riscrivere le regole di ingaggio e l’enorme letteratura relativa ai rituali delle contrattazioni. Nella terra del digitale, laddove Zoom (e chi per esso) sta cercando di capire quali siano i punti cardinali con i quali muoversi, il mondo degli eventi potrà riempirsi di newbie, di improvvisazioni, di colpi di genio improvvisi e di clamorose debacle. Le grandi fiere potranno farcela, ma cambieranno anch’esse (che ne sarà dell’IFA? come sarà reinventato il CES? come cambierà il Mobile World Congress?). Che ne sarà dei biglietti da visita, che ancora opponevano flebile ma strenua resistenza ad una scomparsa ineludibile ormai da tempo?

Nulla si crea, nulla si distrugge, ma mai come in questo caso tutto è destinato a trasformarsi. Pesantemente. Rapidamente. Inevitabilmente.

Fonte: Skift
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Pubblicato il 28 ago 2020
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