Android, crittografia a rischio

Android, crittografia a rischio

Individuato un nuovo meccanismo capace di insidiare la sicurezza delle unità di storage cifrate su dispositivi Android, un problema che riguarda un terzo dei terminali in circolazione nonostante la disponibilità delle patch
Individuato un nuovo meccanismo capace di insidiare la sicurezza delle unità di storage cifrate su dispositivi Android, un problema che riguarda un terzo dei terminali in circolazione nonostante la disponibilità delle patch

La sicurezza dei terminali Android che fanno uso di chip ARM prodotti da Qualcomm è potenzialmente a rischio, con la crittografia full-disk (FDE) che presta il fianco a potenziali attacchi grazie a due vulnerabilità intrinseche nel design del sistema. Vulnerabilità per cui è già stata rilasciata una patch, ma ancora pericolose per un numero significativo di gadget basati sull’OS mobile di Google.

Il problema principale delle misure FDE di Android consiste nel modo in cui vengono gestite le funzionalità del kernel TrustZone , spiegano i ricercatori , e in particolare nel fatto che le chiavi crittografiche necessarie al corretto funzionamento della crittografia vengono generate dal software e salvate sotto forma di dati .
Si tratta di un approccio molto diverso rispetto al design implementato da Apple nelle versioni recenti di iOS, dicono ancora gli esperti, dove la chiave “UID” necessaria a criptare lo spazio di storage interno viene salvata direttamente su chip (tramite la funzionalità Secure Enclave) e non è praticamente attaccabile.

Su Android, invece, è possibile sfruttare le vulnerabilità studiate dai ricercatori (CVE-2015-6639 e CVE-2016-2431) per eseguire il codice malevolo all’interno del kernel TrustZone, estrarre le chiavi crittografiche e infine darle in pasto a un array di computer sufficientemente potente da permettere la loro compromissione in tempi umani.

Entrambe le vulnerabilità alla base del nuovo attacco – per cui è già stato distribuito il relativo codice di exploit – sono già state chiuse da Google e Qualcomm, con due patch distribuite rispettivamente a gennaio e maggio. Il ritardo nella distribuzione degli aggiornamenti da parte degli OEM, vera spina nel fianco per la sicurezza nel mercato Android, fa sì che il numero di dispositivi mobile potenzialmente vulnerabili alla nuova minaccia si assesti su un terzo di quelli in circolazione.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
4 lug 2016
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