Anonymous, DDoS come libera espressione

Anonymous, DDoS come libera espressione

Il collettivo ha inviato una petizione alla Casa Bianca per chiedere che gli attacchi DDoS siano riconosciuti come strumenti della libera espressione. Si chiede il rilascio degli hacktivisti arrestati. 25mila firme necessarie
Il collettivo ha inviato una petizione alla Casa Bianca per chiedere che gli attacchi DDoS siano riconosciuti come strumenti della libera espressione. Si chiede il rilascio degli hacktivisti arrestati. 25mila firme necessarie

Sono diventati famosi per aver messo in ginocchio i server di grandi e piccole organizzazioni di potere . Quella che viene portata avanti come una battaglia a sfondo etico condotta a colpi di attacchi informatici ora chiede di essere riconosciuta ufficialmente: esponenti del mutevole collettivo di hacker Anonymous ha inviato una petizione online al governo statunitense affinché le famigerate rappresaglie a colpi di DDoS siano riconosciute come entità giuridica tutelata dal diritto di libera espressione.

Il gruppo di hacktivisti sostiene che gli attacchi distributed denial of service siano pratiche di protesta simili a quelle messe in atto dal movimento Occupy : gli hacktivisti impediscono l’accesso ai siti Web presi come bersaglio nello stesso modo con cui gli attivisti ostacolano l’ingresso agli edifici.

Di conseguenza, secondo Anonymous tutti i membri del collettivo arrestati dovrebbero essere rilasciati e autorizzati a condurre le loro battaglie nonché prosciolti dalle accuse. “I DDoS – si legge nella petizione – non sono in alcun modo semplici forme di hacking. Sono l’equivalente di premere ripetutamente il pulsante di aggiornamento su una pagina Web. Per questo motivo, non sono diversi da qualunque protesta portata avanti dal movimento Occupy. Invece di un gruppo di persone che stazionano fuori da un edificio per occupare un’area, essi utilizzano il computer per occupare un sito Web allo scopo di rallentare o negare il funzionamento di quel particolare sito per un breve periodo di tempo”.

Tramite questo tipo di azioni, negli ultimi mesi il collettivo degli Anonimi ha messo in crisi, tra gli altri, diversi siti istituzionali dello stato di Israele , i server della Polizia di Stato italiana e collaborato con Wikileaks per la diffusione di informazioni riservate.

Sarà molto difficile che Washington accolga le ragioni della petizione sia perché spesso i cyberattacchi di Anonymous hanno bucato diversi server appartenenti a istituzioni a stelle e strisce sia perché non è chiaro quale sia l’entità da riconoscere , dal momento che il collettivo non presenta né una struttura definita né un leader dichiarato. Saranno comunque necessarie 25mila firme per ottenere una risposta da parte del Presidente Obama.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il
10 gen 2013
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