Apple aveva tentato in ogni modo di schivare le offensive di VirnetX, azienda che fonda il proprio business sullo sfruttamento di titoli brevettuali acquisiti da terzi e sfruttati da colossi dell’IT: gli sforzi di Cupertino non le avevano evitato un giudizio di colpevolezza per aver violato quattro titoli, ma ora i tribunali statunitensi sono tornati sui propri passi. Nella stima delle royalty dovute da Apple, i conti non tornano.
La denuncia di VirnetX, che seguiva di poco la vittoria su Microsoft con un accordo da oltre 200 milioni di dollari, si scagliava contro Apple sulla base di quattro brevetti che tutelano delle tecnologie dedicate alla navigazione sicura: secondo VirnetX, Cupertino le avrebbe impiegate nei servizi Facetime (il brevetto 7,418,504 e il 7,921,211 ) e VPN On Demand (il 6,502,135 e il 7,490,151 ), disponibili per piattaforme iOS e Mac. Le autorità statunitensi hanno riconosciuto la validità dei titoli di VirnetX e hanno decretato la colpevolezza della Mela, fissando un rimborso da oltre 368 milioni di dollari, confermato in un ulteriore grado di giudizio.
Apple ha chiesto in appello di riconsiderare il caso: i giudici non hanno avuto molto da obiettare sulle ragioni di VirnetX, confermando la validità dei brevetti dell’azienda e la violazione di Cupertino, fatta eccezione per un brevetto che insisteva su VPN On Demand, servizio modificato da Apple per scongiurare le accuse. Hanno stabilito però la necessità di ricalcolare i danni stimati da VirnetX .
L’azienda, per ottenere il risarcimento milionario da Apple, ha tracciato le proprie stime a partire dal prezzo del dispositivo meno costoso su cui Apple impiega le tecnologie che violano i brevetti oggetto del confronto e ha chiesto, per ciascun device venduto, royalty per l’1 per cento del valore di mercato dell’iPhone più economico che implementa la tecnologia. La corte ha ora osservato che il valore stimato non possa essere considerato valido in quanto VirnetX avrebbe quindi preso in considerazione, come punto di partenza, non il valore della singola tecnologia, ma il valore del dispositivo nella sua interezza , gonfiando così le proprie pretese di risarcimento. Allo stesso modo, non sono state considerate valide le argomentazioni utilizzate per calcolare le percentuali in cui le royalty sono state richieste (VirnetX, ad esempio, si attribuisce il 45 per cento dei profitti che Facetime avrebbe garantito a Apple): gli esperti di VirnetX avrebbero chiamato in causa algoritmi come quelli elaborati dal premio Nobel John Nash nell’ambito della teoria dei giochi, senza però saper dimostrare come le premesse teoriche potessero aderire al caso reale in esame.
La corte d’appello ha dunque stabilito che il caso vada nuovamente sottoposto al tribunale texano che per primo aveva tentato di dirimerlo. Nel frattempo, nonostante l’ostentato ottimismo di VirnetX, che continua a confidare nella validità dei propri brevetti, emerge con chiarezza la reazione di un mercato estremamente volubile nei confronti delle aziende che non hanno altro da offrire che la propria aggressività nel mettere a frutto brevetti su tecnologie impiegate da soggetti terzi : le quotazioni dell’azienda, nelle ultime ore, hanno subito un calo di oltre il 44 per cento .
Gaia Bottà