Google, YouTube, Facebook e Twitter: tutti contro Clearview. I quattro big del mondo online hanno inoltrato alla startup newyorkese un documento cease-and-desist chiedendo di interrompere immediatamente la pratica attraverso la quale immagini e video caricati dagli utenti sulle piattaforme vengono raccolti e analizzati per istruire gli algoritmi di intelligenza artificiale dedicati al riconoscimento facciale da mettere poi a disposizione delle autorità.
IA e riconoscimento facciale: il caso Clearview
Stando a quanto rivelato nelle scorse settimane sono già oltre 600 le agenzie governative e le forze di polizia in tutto il mondo a impiegare la soluzione. Il CEO Hoan Ton-That, intervenuto di fronte alle telecamere di CBS, ha fatto appello al Primo Emendamento e al diritto di accedere alle informazioni pubbliche per legittimare il lavoro svolto, paragonandolo a ciò che Google fa con il proprio motore di ricerca passando in rassegna tutte le pagine messe online ai fini dell’indicizzazione. La replica di Mountain View non si è fatta attendere. La riportiamo di seguito in forma tradotta.
La comparazione con Google Search è inaccurata. La maggior parte dei siti Web vuole essere inclusa nel motore di ricerca e offriamo ai webmaster il controllo di come le informazioni delle loro pagine sono incluse nei risultati, con la possibilità di estrometterle completamente.
In merito a YouTube, l’azienda sottolinea come i termini di servizio proibiscano in modo categorico un’attività di questo tipo.
I termini di servizio di YouTube proibiscono esplicitamente di raccogliere dati che possono essere utilizzati per identificare una persona. Clearview ha ammesso pubblicamente di fare esattamente questo e, in risposta, abbiamo inviato loro una lettera cease-and-desist.
Facilmente immaginabili le implicazioni per la privacy degli utenti, sia di coloro che hanno eseguito l’upload dei filmati e sia di chi invece più semplicemente (e talvolta involontariamente) compare al loro interno.
Clearview ha segretamente raccolto immagini di individui senza il loro consenso e in violazione di regole ben chiare che proibiscono l’attività.
Diversa la posizione assunta da Facebook, che per il momento si è limitata a chiedere lo stop della raccolta dati e ulteriori informazioni in merito. Non è ad ogni modo da escludere che anche il gruppo di Mark Zuckerberg possa agire diversamente in futuro, agendo se necessario per via legali.
Siamo seriamente preoccupati a proposito delle pratiche di Clearview e abbiamo chiesto informazioni utili alla nostra analisi. Il modo in cui risponderanno determinerà i nostri prossimi step.
Il dibattito sul tema si è acceso anche in Italia dopo che l’Europa ha proposto (e poi accantonato) l’idea di mettere in standby per cinque anni l’impiego dei sistemi per il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici e il Partito Democratico ha presentato tramite il deputato Filippo Sensi un’interrogazione parlamentare rivolta al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Interno per capire quali sono le tecnologie di questo tipo al momento in dotazione al nostro paese.