Tanto nel Parlamento Europeo quanto presso la Commissione ECON, l’approccio con le criptovalute è fatto di bastone e carota usati contemporaneamente e forse ancora senza la necessaria chiarezza, ma con una sensazione chiara: l’UE non vuole fermare le criptovalute, ma al tempo stesso intende anestetizzarne i possibili effetti devianti. Questo approccio si conferma un voto dopo l’altro, tentando di trovare la giusta via d’uscita per lasciare sul tavolo una bozza regolamentare quanto più coerente possibile.
Avere un wallet, scambiare criptovalute, creare valore attraverso la speculazione: l’Europa non intende fermare questa possibilità, purché tutto ciò non si trasformi in opportunità per il malaffare, per il riciclaggio di denaro e per le truffe. Coinbase ha criticato in tempi non sospetti questo approccio, ritenendo superato questo modo di intendere i cryptoasset. L’UE, da parte sua, ha presentato dapprima una bozza in Parlamento ed ha in seguito riaffermato i propri principi in Commissione ECON (qui), all’interno di un percorso che sta portando la bozza della normativa verso la sua approvazione finale.
Sostenibilità in fuorigioco
La Commissione aveva già rigettato uno dei principali punti sui quali il Parlamento convergeva: legare l’accettazione di una criptovaluta sulla base del meccanismo di validazione non è un approccio condivisibile. La sostenibilità deve dunque rimanere al di fuori delle valutazioni economiche ed i distinguo non dovrebbero essere basati sulla dicotomia tra proof-of-work e proof-of-stake. Ben spiega questo passaggio il quotidiano IPSOA:
Con una risicata maggioranza la commissione ECON ha rigettato il regime più stringente, chiedendo invece alla Commissione Europea di includere nella tassonomia della finanza sostenibile dell’UE qualsiasi attività di mining di criptovalute entro il 1° gennaio 2025, tramite una modifica del Regolamento UE 2020/852. Almeno per il momento, dunque, i prestatori di servizi crypto non sono obbligati a escludere le cryptoattività poco sostenibili dalla loro gamma di prodotti offerti né verranno inclusi tra i soggetti destinatari degli obblighi ESG.
I requisiti di sostenibilità ambientale vengono in tal caso messi da parte, tendendo di fatto una mano al Bitcoin e congelando le ambizioni delle valute maggiormente in linea con i requisiti legati a consumi energetici ed emissioni. Ma si va ora oltre, prendendo in considerazione le questioni legate alle norme antiriciclaggio.
Controlli ed esenzioni
La Commissione ECON prevede inoltre che tutte le transazioni in criptovalute registrino la fonte della valuta e i dati del beneficiario, così che tali indicazioni possano essere messe a disposizione delle attività competenti. Unica deroga a tali indicazioni è lo scambio persona-persona: ogni qualvolta, in qualsiasi misura, un intermediario dovesse garantire il passaggio, è compito di quest’ultimo raccogliere le informazioni richieste. Su questo punto la critica Coinbase era stata particolarmente severa, chiedendo di non tirare in ballo gli exchange per questo tipo di controlli poiché le regole diventano così ben più severe per le crypto che non per altri asset tradizionali.
Ulteriore aspetto vagliato è la rimozione della soglia minima per l’applicazione delle norme antiriciclaggio: data la natura particolare (e virtuale) delle criptovalute, la Commissione ECON ritiene vadano rimosse le soglie e le esenzioni, evitando che facili tricks consentano di aggirare le normative in vigore.