Gli hacker e i furti sulle ICO a base di BitCoin

Gli hacker e i furti sulle ICO a base di BitCoin

Da una ricerca è emerso che il 10% delle attività di progetti di finanziamento (ICO) basate su criptovalute, svolte tra 2015 e 2017, sono state oggetto di furti. E non solo di soldi virtuali... ma anche dati sensibili!
Da una ricerca è emerso che il 10% delle attività di progetti di finanziamento (ICO) basate su criptovalute, svolte tra 2015 e 2017, sono state oggetto di furti. E non solo di soldi virtuali... ma anche dati sensibili!

Tra il 2015 e il 2017 oltre il 10 per cento delle 372 attività di ICO (Initial coin offering) analizzate nell’ambito di una ricerca a livello globale sarebbero state oggetto di furti da parte di pirati informatici con picchi mensili che avrebbero raggiunto anche 1,5 milioni di dollari.

Oltre al danno monetario, le intrusioni avrebbero messo a repentaglio inoltre dati sensibili dei soggetti coinvolti nelle transazioni, come indirizzi, numeri di telefono, dati bancari e numeri di carte di credito che potrebbero aver costituito effettivamente parte della refurtiva. Il report con gli allarmanti dati è a cura di Ernst & Young.


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Le attività di phishing avrebbero subito un forte incremento nel periodo in oggetto e la confusione creata attorno al tema delle criptovalute non avrebbe fatto altro che attirare hacker , consci della mancanza di un’autorità centralizzata e l’irreversibilità del processo di blockchain alla base delle transazioni virtuali. Ernst & Young sottolinea, inoltre, che la scarsità di standard delle ICO (il cui mercato vale oltre 4 miliardi di dollari ) e la sostanziale mancanza di regolamentazione non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.


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A quanto di legge, il vuoto normativo inizia a colmarsi solo ora, con ferme iniziative di alcuni Paesi come Cina e Sud Corea responsabili di alcuni “ban” di operazioni, piuttosto che Giappone, Canada e Australia (questi ultimi già attivi nella regolamentazione delle ICO). Gli Stati Uniti si distinguono per la costituzione di una Cyber Unit lo scorso settembre a cura della Securities and Exchange Commission con l’intenzione di investigare su frodi finanziarie digitali.


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“Una volta che sono stati adottati nuovi standard che sono accettati da tutti i partecipanti, consentendo una maggiore trasparenza, prevenzione delle frodi e legittimità, la protezione degli investitori e degli utenti ha maggiori possibilità di successo” – ha affermato a CNET Greg Cudahy, responsabile dell’area digitale di Ernst & Young. Ma nel frattempo le attività di fundraising (o tecnicamente ICO) hanno perso e continuano a perdere di appeal a dimostrazione che gli utenti dapprima attratti dal mondo delle cripto valute iniziano ad esserne spaventati. Ciò è evidente analizzando i risultati relativi ai progetti che possono dichiarare di aver raggiunto il traguardo finanziario: se a giugno erano circa il 93 per cento, a novembre il dato è crollato al 23 per cento con un trend senza negativo senza freni.

Dalle analisi è stato inoltre riscontrato come gran parte delle attività di ICO siano state caratterizzate da una certa “fugacità” nelle transazioni. I tempi di spesa o investimenti di altro tipo del denaro virtuale raccolto avrebbe infatti un’eccessiva rapidità soffrendo di un’eccessiva FOMO (Fear Of Missing Out) che non si registra invece nello stesso modo in mercati differenti e più standardizzati.

Le evidenze rappresentano un’ulteriore crepa per BitCoin e compagnia, che deve pagare anche lo scotto delle prime messe alle porte ad opera delle stesse piattaforme che, fino al giorno prima, si dichiaravano a favore delle criptovalute. E anche dal mondo della finanza sopraggiungono allarmi sempre più forti.

Mirko Zago
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Pubblicato il
26 gen 2018
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