Google: copyright, c'è motore e motore

Google: copyright, c'è motore e motore

Una squadra legale di BigG è intervenuta nel corso del processo in appello contro il search engine canadese IsoHunt. Si teme la possibile estensione di un'eventuale condanna a motori di ricerca legali come quello di Mountain View
Una squadra legale di BigG è intervenuta nel corso del processo in appello contro il search engine canadese IsoHunt. Si teme la possibile estensione di un'eventuale condanna a motori di ricerca legali come quello di Mountain View

Un’amicizia forse preziosa, offerta di recente ad una corte d’appello californiana. Una squadra legale di Google ha così fatto la sua comparsa nel corso del secondo atto di un processo infuocato, scatenato ormai cinque anni fa dagli alti rappresentanti della Motion Picture Association of America (MPAA).

Alla sbarra era finito Gary Fung, fondatore e CEO del celebre motore di ricerca canadese IsoHunt. Un search engine dedicato esclusivamente alla ricerca di file torrent , spesso sfruttati dagli utenti del web per la condivisione di contenuti in violazione delle norme a tutela del copyright.

I rappresentanti legali di BigG cercheranno allora di contribuire alla definitiva formulazione della sentenza in appello, in seguito al ricorso presentato dagli avvocati di IsoHunt. Un giudice di primo grado aveva infatti emanato un’ingiunzione permanente volta all’ eliminazione della stragrande maggioranza dei contenuti indicizzati .

Lo stesso Fung aveva però sottolineato come non ci fossero particolari differenze tra il suo motore di ricerca e quello della Grande G. Un assunto adottatto anche dai legali di The Pirate Bay : entrambi i search engine si limiterebbero a restituire agli utenti contenuti presenti altrove.

Google non aveva mai sentito la particolare esigenza di intervenire in questo tipo di processi, cercando di rimanerne fuori il più possibile. Già i rappresentanti di IFPI avevano spiegato alla difesa di The Pirate Bay come Google collabori ogni giorno alla tutela online del diritto d’autore.

Ma questa volta l’azienda di Mountain View ha deciso di diventare amica della corte . In primis perché interessata alle potenziali implicazioni del caso nella generale interpretazione – e relativa applicazione – del cosiddetto safe harbor . Ovvero del porto sicuro per gli intermediari garantito dal famigerato Digital Millennium Copyright Act (DMCA).

Potrebbe sembrare un intervento favorevole alle future sorti di IsoHunt, e invece no . I legali di Google hanno sottolineato come il search del torrentismo sia da considerare a tutti gli effetti un servizio pirata . Responsabile – anche se in maniera indiretta – della violazione sistematica del diritto d’autore.

Quello che preoccupa realmente Google è la possibile estensione di una sentenza favorevole a MPAA. In ballo ci sarebbe il delicato equilibrio tra protezione del copyright e la necessità di innovare a livello tecnologico . In sostanza, filtri e forbici potrebbero mettere a rischio servizi leciti come YouTube.

E qui l’interesse di Google è evidente, in prossimità dell’appello del caso scatenato dai legali del colosso Viacom. Il conglomerato mediatico aveva presentato il suo ricorso dopo la vittoria in primo grado del Tubo, ritenuto non responsabile delle violazioni commesse dai suoi utenti.

Pare che IsoHunt non abbia particolarmente gradito l’intervento di BigG, che pure è accorso in parte a difesa del search engine . La questione safe harbor – e quindi DMCA – dovrebbe essere trattata in maniera separata da quella relativa all’incitamento alla violazione del copyright .

In altre parole, BigG ha sottolineato come IsoHunt sia certamente colpevole perché più volte indifferente alle richieste di rimozione effettuate dai signori del copyright . Ma la negazione del porto sicuro per gli intermediari non dovrebbe essere direttamente collegata con l’accusa di incitamento volontario alla violazione del diritto d’autore.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
22 feb 2011
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