Google lascia Yahoo. Piove su Yang

Google lascia Yahoo. Piove su Yang

Clamoroso dietrofront di Google. Yahoo inseguiva una partnership per risollevare le proprie sorti ma ora si trova sola. Dopo aver rigettato le avances di Microsoft si scontra con il niet di Mountain View. Ballmer lo aveva predetto
Clamoroso dietrofront di Google. Yahoo inseguiva una partnership per risollevare le proprie sorti ma ora si trova sola. Dopo aver rigettato le avances di Microsoft si scontra con il niet di Mountain View. Ballmer lo aveva predetto

Ed ora si apre un baratro. Le notizie giunte ieri pomeriggio sono di quelle pesanti, almeno per Yahoo: erano le 17, ora italiana, quando il Wall Street Journal batteva una flash, con cui si confermava che Google ha abbandonato i negoziati con Yahoo e non intende stringere partnership commerciali con quello che un tempo era il più importante portale statunitense in Internet.

Google non ha preso con leggerezza una decisione così drastica, destinata a cambiare i rapporti di forza anche con Microsoft, perché sono mesi che tenta di convincere il Dipartimento di Giustizia che un’alleanza con Yahoo non disegna un abuso di posizione dominante, che un accordo commerciale è tutto negli interessi dei consumatori. Ci ha provato , ha portato tutte le carte che aveva dinanzi ai procuratori e agli occhi degli analisti. Ma è stato tutto inutile. Il Dipartimento non ha cambiato idea, anzi ha ventilato una causa antitrust, le preoccupazioni di tutti rimangono, rimangono anche le tensioni con i consumatori espresse in molte occasioni: troppo, troppo persino per Google, che quindi lascia Yahoo da sola, dall’altra parte del tavolo.

Lo ha ammesso David Drummond, il capo degli azzeccagarbugli made in Mountain View, che con un post sul blog ufficiale dell’azienda, dal titolo chiarissimo, “Fine del nostro accordo con Yahoo!”, ha spiegato le ragioni di una decisione che riapre scenari che si ritenevano ormai mutati. “Dopo quattro mesi di valutazioni, incluse discussioni di possibili cambiamenti all’accordo – scrive Drummond – ormai è chiaro che il braccio regolamentare del Governo e alcuni inserzionisti continuano ad essere preoccupati per questa intesa. Spingersi avanti ancora rischiava non solo di tradursi in una lunga battaglia legale ma anche di danneggiare i nostri rapporti con partner importanti. Questo non sarebbe stato negli interessi di lungo periodo di Google né dei nostri utenti, e così abbiamo deciso di porre fine all’accordo”.

Pensare che Google possa soffrire di quanto accaduto non è realistico: BigG il suo obiettivo lo ha ottenuto . Il suo primo scopo era quello di intervenire nel momento più caldo dei rapporti tra Microsoft e Yahoo, quello di lanciare a Jerry Yang un salvagente che gli consentisse di tenere a bada azionisti forti come Carl Icahn che volevano vendere al colosso di Redmond. E c’è riuscita, Google ha ottenuto che la possibile vendita di Yahoo saltasse, ha evitato che si costituisse un colosso della rete formato da Microsoft e Yahoo, forse capace in prospettiva di erodere quote percentuali di un mercato che dominava, domina e ora, forse, potrà continuare a dominare.

A bruciare davvero per quanto accaduto, dunque, non è lo stomaco dei dirigenti di Google, semmai è quello della board di Yahoo. L’intesa con Google aveva ravvivato gli interessi degli investitori, almeno di una parte, e aveva suscitato prospettive di sviluppo o, quantomeno, di mantenimento. Era questa l’arma usata da Jerry Yang, il CEO dell’azienda, per convincere i suoi azionisti che si poteva accantonare l’offerta di Microsoft. Un’arma a doppio taglio: da un lato la speranza di un cambiamento possibile, dall’altro l’implicita ammissione che Yahoo da sola avrebbe potuto non farcela.

Lo stanno scrivendo in molti, ma quanto accaduto non è solo la ritirata di Google da un affare troppo complesso, è soprattutto il fallimento della strategia di Yahoo . Entro poche ore, già oggi, il prima possibile, i dirigenti del (fu?) colosso statunitense devono tirar fuori un coniglio da quello che rimane della propria tuba, devono riuscire a immaginare uno scenario senza Google e con Microsoft che alita sul collo, devono convincere azionisti e mercato che investire su Yahoo oggi e domani è cosa più concreta del puntare tutto sul rosso alla roulette. E vengono giudicate senza entusiasmo le parole diffuse alla stampa da Yahoo dopo l’annuncio di Google, in un comunicato in cui l’azienda si dice “delusa” per l’accaduto, ribadisce di “continuare a credere nei vantaggi dell’accordo”. Parole con cui si cerca di rassicurare: “Se l’implementazione dell’intesa sui servizi con Google avrebbe consentito a Yahoo di accelerare i propri investimenti nelle priorità essenziali del proprio business grazie ad un cash flow addizionale, questo accordo aveva una funzione di potenziamento della roadmap di sviluppo di Yahoo e non modifica l’impegno di Yahoo all’innovazione e alla crescita”.

È inevitabile che in queste ore molti si interroghino sul futuro di Yahoo. Tra questi sicuramente anche Microsoft: dopo aver messo sul piatto decine di miliardi di dollari per catturare Yahoo, l’azienda vede avverarsi la premonizione che il suo CEO, Steve Ballmer, aveva avanzato nell’avvertire di un potenziale problema di trust se l’intesa Google-Yahoo fosse andata in porto.

L’attesa più grande nell’immediato, però, è probabilmente quella sulle decisioni che vorrà assumere proprio Icahn: uno dei maggiori azionisti di Yahoo, tycoon della finanza statunitense, Icahn aveva avvertito dei problemi, si era battuto contro il rifiuto alle profferte di Microsoft. Già nei giorni scorsi, Icahn è tornato a tessere la trama per un nuovo possibile negoziato tra Microsoft e Yahoo. Se mai avverrà, le condizioni saranno molto diverse: Yahoo non ha più la prospettiva Google e il suo valore di mercato è sceso di decine di punti percentuali da qualche mese a questa parte. Microsoft potrebbe essere intenzionata ad acquistare un qualche boccone di Yahoo, ed è assai probabile che avrà Icahn e i suoi consiglieri di amministrazione dalla sua parte e, contro, solo un management messo all’angolo dagli eventi.

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Pubblicato il
6 nov 2008
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