IPv4, la fine dell'inizio

IPv4, la fine dell'inizio

ARIN annuncia l'esaurimento degli indirizzi IPv4 assegnabili gratuitamente sul mercato del continente Nordamericano, un risultato storico che non dovrebbe provocare danni: la transizione verso IPv6 è in corso
ARIN annuncia l'esaurimento degli indirizzi IPv4 assegnabili gratuitamente sul mercato del continente Nordamericano, un risultato storico che non dovrebbe provocare danni: la transizione verso IPv6 è in corso

Dopo l’ allarme lanciato lo scorso luglio , American Registry for Internet Numbers (ARIN) ha ora comunicato di aver finalmente esaurito il “pool” di indirizzi IPv4 assegnabili gratuitamente agli operatori e ai servizi di rete. Chi vorrà un IP di “vecchia generazione” dovrà ora pagare, o magari attendere la riassegnazione di vecchi indirizzi tornati nelle disponibilità dell’organizzazione.

In sostanza, l’annuncio di ARIN sancisce, nella via più ufficiale possibile, la fine della corsa della tecnologia IPv4 per quel che concerne il mercato telematico Nordamericano: gli unici indirizzi IPv4 che ARIN potrà in futuro gestire saranno quelli riassegnati da IANA ad ARIN o “restituiti” dalle organizzazioni che ne erano in precedenza proprietarie.

Lo storico traguardo di IPv4 negli USA e paesi limitrofi arriva a più di 30 anni dal debutto della tecnologia, una tecnologia che agli albori di Internet (1981) sembrava più che sufficiente a soddisfare le esigenze di connettività del mondo intero e che ora va invece decisamente stretta all’esplosione di dispositivi, gadget e apparati di rete interconnessi.

Con l’uscita di scena (parziale) di ARIN, i 4,3 miliardi di indirizzi accessibili tramite i 32 bit di IPv4 si avvicinano un po’ di più al pensionamento definitivo della tecnologia, anche se il proseguimento della transizione a IPv6 dovrebbe garantire un passaggio indolore ai nuovi indirizzi a 128 bit.

A ulteriore riprova del fatto che l’esaurimento degli IP a 32 bit non fa più così paura, Comcast accoglie il comunicato di ARIN descrivendolo non come l’inizio della fine ma come la fine dell’inizio: uno dei maggiori ISP statunitensi dice di poter contare su una connettività “dual-stack (compatibile IPv4 e IPv6) sul 10 per cento della sua rete già dall’anno scorso.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
28 set 2015
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