La musica pubblicizzata suona male

La musica pubblicizzata suona male

Offriva brani da scaricare a coloro che si fossero sorbiti comunicati pubblicitari almeno una volta al mese, per rinnovare le licenze presidiate da lucchetti DRM. SpiralFrog ha smesso di gracidare
Offriva brani da scaricare a coloro che si fossero sorbiti comunicati pubblicitari almeno una volta al mese, per rinnovare le licenze presidiate da lucchetti DRM. SpiralFrog ha smesso di gracidare

Avrebbe dovuto incarnare il modello di business della musica digitale, offriva ai netizen brani da scaricare finanziati da inserzionisti disposti a comprare l’attenzione dei cittadini della rete. SpiralFrog ha chiuso i battenti, sommerso dai debiti. La musica che gli utenti hanno pagato prestando il proprio tempo ai comunicati pubblicitari si volatilizzerà nel giro di sessanta giorni .

SpiralFrog aveva tentato di farsi largo sul mercato nordamericano con un’ operazione di lancio in grande stile: si proponeva come una rivoluzione supportata dalla pubblicità , vantava la collaborazione delle major con cui si spartiva denaro fornito dagli inserzionisti. Assicurava ai cittadini della rete un rigoglioso catalogo a cui attingere in cambio di un login mensile, utile a sorbirsi i comunicati pubblicitari che avrebbero consentito di mantenere in vita archivi musicali personali che altrimenti sarebbero svaniti.

L’interesse delle etichette era evidente, ravvisavano in SpiralFrog il grimaldello per combattere la pirateria: Universal aveva dato la propria adesione , EMI era seguita a ruota, Warner aveva firmato senza troppe esitazioni. Ma l’interesse delle major si è presto intiepidito: online era disponibile il solo catalogo di Universal, mentre quello delle altre etichette era impantanato nel limbo della negoziazione dei diritti di riproduzione, necessari a garantire il download a favore degli utenti.

Nonostante l’ ottimismo delle dirigenza, anche l’interesse degli utenti era presto scemato : attratti dalla promessa di attingere ad un catalogo vastissimo, si erano inizialmente dimostrati favorevoli a prestare qualche minuto alla pubblicità effettuando il login mensile. Ma il catalogo non si arricchiva, rendendo sempre meno tollerabile la necessità di concedere la propria attenzione agli inserzionisti per rinnovare la propria licenza di fruire della musica effimera che avevano scaricato vincolandosi in un contratto .

A rivelarsi sempre meno tollerabile, anche il sistema DRM che si ergeva a presidio dei brani di cui si erano appropriati e nei confronti dei quali dovevano confermare mensilmente l’interesse: la tecnologia PlaysForSure di Microsoft consentiva loro di travasare la musica in maniera controllata su un numero limitato di dispositivi, ammesso naturalmente che fossero compatibili.

I debiti sembravano attanagliare l’azienda, complici i venti che spirano sul mercato dell’advertising. Le alternative per acquistare e appropriarsi di musica senza vincoli proliferano, così come sono innumerevoli i flussi impalpabili di musica che scorre con lo streaming legale supportato dalla pubblicità e con quello che le etichette considerano selvaggio. SpiralFrog non è più raggiungibile .

L’azienda, così come annunciato dai protagonisti di esperimenti ibridi e travagliati come Qtrax , avrebbe voluto salvare il business della musica brandendo tecnologie DRM che le etichette stesse sembrano essersi rassegnate ad abbandonare . Sistemi DRM che avrebbero dovuto proteggere brani musicali che gli utenti non hanno pagato ma che si sono guadagnati concedendo la propria attenzione agli inserzionisti. Sistemi DRM che rischiano ora di privare gli utenti dei brani che hanno attinto a SpiralFrog. Il contatore è innescato, già ticchetta verso lo scadere dei 60 giorni . I brani lucchettati acquisiti legalmente, sembra essere ormai noto , non appartengono davvero agli utenti.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 23 mar 2009
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